Eugenio Montale Gloria del disteso mezzogiorno: testo, parafrasi, commento e analisi del testo
Gloria del disteso mezzogiorno testo
Gloria del disteso mezzogiorno
quand’ombra non rendono gli alberi,
e più e più si mostrano d’attorno
per troppa luce, le parvenze, falbe.
Il sole, in alto, – e un secco greto.
Il mio giorno non è dunque passato:
l’ora più bella è di là dal muretto
che rinchiude in un occaso scialbato.
L’arsura, in giro; un martin pescatore
volteggia s’una reliquia di vita.
La buona pioggia è di là dallo squallore,
ma in attendere è gioia più compita.
Gloria del disteso mezzogiorno parafrasi
Trionfo del disteso mezzogiorno
quando gli alberi non fanno ombra, perché il sole è a picco
e le cose (parvenze) intorno appaiono (si mostrano) sempre più evanescenti (falbe).
In alto splende il sole e asciuga il letto del torrente.
La mia giornata dunque non è ancora finita:
Il momento più bello della mia giornata è nel tramonto (occaso), quasi infiacchito dalla calura (scialbato) oltre un muretto di recinzione (che rinchiude).
Tutto intorno c’è arsura; un martin pescatore (uccello che nidifica presso i corsi d’acqua e si ciba di piccoli uccelli e animali acquatici) sorvola (volteggia) il luogo dove ha intravisto i resti (reliquia) di un essere vivente, che diventeranno la sua preda.
La pioggia benefica è oltre (di là) questa riarsa desolazione (squallore).
Ma la gioia più perfetta e completa (compita) consiste proprio nell’attesa.
Gloria del disteso mezzogiorno Commento e analisi del testo
Come in Meriggiare pallido e assorto, anche in Gloria del disteso mezzogiorno il paesaggio è quello assolato e accecante delle ore più calde dell’estate.
In questa lirica Eugenio Montale, contemplando una natura riarsa e resa quasi inospitale dall’eccessiva calura estiva, presenta il piacere del momento del tramonto, quando l’accecante luce e la vampa di calore dei raggi del sole perderanno intensità ed egli potrà assistervi in silenziosa lontananza, di là di un muretto a secco.
Ed è proprio nel piacere di quell’attesa che Montale sente dentro di sé una gioia completa. Non è quindi il possesso a dare gioia, ma, come già aveva affermato Giacomo Leopardi nel Sabato del villaggio, è l’attesa di ciò che verrà, quando la speranza e l’illusione permettono all’uomo di dimenticare per poco gli affanni della giornata, cioè della vita.
È evidente quindi che tutta la poesia è fondata su una metafora: la giornata assolata e riarsa è simbolo della vita e delle sue difficoltà; il tramonto è simbolo della morte, che qui è presentata con toni anche cromaticamente sereni e distensivi. La gioia dell’attesa rende quel tramonto agognato e voluto, non come momento di fine (della giornata e/o della vita), ma come portatore di ristoro e di pace interiore.
Lo stile
I versi sono in parte endecasillabi regolari (vv. 2,3 e 4), in parte incompleti (v.1), in parte ipermetri (v. 11). La rima segue uno schema regolare ad eccezione delle rime imperfette nei v. 2/4 e 5/7. Il lessico è ricercato e letterario, non vicino all’uso comune della lingua («parvenze falbe», «occaso scialbato», «reliquia di vita», «gioia più compita»). In alcuni periodi c’è l’ellissi del verbo.