Le guerre messeniche furono tre, tutte condotte da Sparta contro i Messeni nell’VIII, VII e V secolo a.C.
La penisola greca del Peloponneso era allora divisa in sei regioni: Laconia, dov’era Sparta; Messenia, popolata dai Messeni; e poi Arcadia, Elide, Acaia e Argolide. Al termine delle tre guerre messeniche, Sparta portò il proprio territorio a 8300 kmq: divenne così la polis più estesa della Grecia.
La prima guerra messenica avvenne tra il 743 a.C. e il 724 a.C. Si concluse con una faticosa vittoria degli Spartani logorati da discordie interne e costretti a far fronte all’eroismo di Aristodemo, re dei Messeni, che a lungo resistette nella fortezza del monte Itome. I vinti o rimasero sulle loro terre ridotti alla condizione di iloti o si sparsero esuli per il Peloponneso.
La seconda delle tre guerre messeniche si svolse tra il 684 a.C. e il 668 a.C. L’iniziativa la presero i Messeni ridotti alla condizione di iloti; essi trovarono l’appoggio di alcune popolazioni del Peloponneso nemiche degli Spartani.
I Messeni, guidati da Aristomene, capo dei rivoltosi, furono sconfitti a seguito della caduta della fortezza di Ira. I superstiti furono nuovamente ridotti alla condizione di iloti, mentre quelli che riuscirono a fuggire ripararono nel Peloponneso e in Sicilia, dove più tardi si insediarono a Zancle, che da essi prese il nome di Messana o Messene (oggi Messina).
Secondo la tradizione, alla seconda guerra messenica prese parte il poeta spartano Tirteo, che con i suoi carmi infiammò gli animi degli Spartani portandoli alla vittoria.
Giacere morto è bello, quando un prode lotta per la sua patria e cade in prima fila. Abbandonare la città, le campagne fertili, e mendicare, vagando con la madre diletta, il padre vecchio, i bimbi, la cara sposa, è la cosa più turpe. Dove giunga sarà come un nemico l’esule, vittima del bisogno e dell’odiosa miseria. E insozza la sua stirpe, guasta la figura, ogni infamia lo segue, ogni viltà. Se per chi va così ramingo non v’è cura, non v’è rispetto o riguardo o pietà, combattiamo animosi per la patria, e per i figli moriamo. E non si lesini la vita.
Via, combattete gli uni accanto agli altri, giovani, non date posto a fughe, al panico, fatevi grande e vigoroso l’animo nel petto, bandite il gretto amore della vita, ché la lotta è con uomini; non lasciate, fuggendo, chi non ha più l’agilità: gli anziani. È uno sconcio che un vecchio cada in prima fila e resti sul terreno innanzi ai giovani […]
nulla c’è che non s’addica a un giovine finché la cara età brilla nel fiore. Da vivo, tutti gli uomini l’ammirano, le donne l’amano, cade in prima fila: è bello. Resista ognuno ben piantato sulle gambe al suolo, mordendosi le labbra con i denti.
da Tirteo, frammenti 6 e 7
La terza guerra messenica fu combattuta tra il 464 a.C. e il 455 a.C.
Gli iloti della Messenia e della Laconia si rivoltarono contro Sparta, ma anche questa volta l’insurrezione non ebbe successo: i Messeni, vinti in battaglia, resistettero fino al 455 a.C. nella rocca di Itome. Gli Spartani permisero agli iloti di lasciare la rocca vivi e liberi solo a patto che nessuno di essi avesse più rimesso piede a Sparta, altrimenti sarebbe ritornato schiavo.
Nel 462 a.C. Sparta aveva chiesto aiuto all’allora alleata Atene, che mandò un esercito di 4000 opliti in suo aiuto. Sparta però li rimandò indietro perché sospettati di aver aiutato gli iloti. Per Atene fu una grande umiliazione e così Cimone, che aveva sostenuto l’alleanza con Sparta e l’invio degli opliti, fu ostracizzato.