Guido Guinizzelli è nato a Bologna tra il 1230 e il 1240 da un’antica e nobile famiglia ghibellina, sostenitrice del potere imperiale.
Laureato in Legge, divenne giudice della sua città e si schierò con la fazione dei Ghibellini contro i Guelfi. Nel 1274, per le sue idee politiche, fu bandito dalla città e si rifugiò a Monselice (Padova), dove morì nel 1276.
Guido Guinizzelli ci ha lasciato pochi componimenti (cinque canzoni, quindici sonetti, pochi altri frammenti).
La sua importanza è riconosciuta già da Dante Alighieri, che nel canto XXVI del Purgatorio lo indica come l’iniziatore del Dolce Stil Novo.
Temi costanti delle sue poesie sono infatti la lode della donna, capace di condurre l’uomo a Dio; lo stretto rapporto tra il sentimento amoroso e la gentilezza (nobiltà) d’animo che accomuna chi lo suscita e chi lo prova.
In un primo momento Guido Guinizzelli appare ancora influenzato dallo stile di Guittone d’Arezzo («caro padre meo» lo chiama in un sonetto), ma ben presto se ne distacca per sperimentare un linguaggio poetico nuovo, piano e musicale, per cantare un amore di tipo intellettuale.
Già Bonagiunta Orbicciani segnalò la novità della sua poesia e Dante, come abbiamo detto, lo ritenne il padre dello Stil Novo e ne apprezzò particolarmente le rime d’amore «dolci e leggiadre» (Purgatorio XXVI, 99).
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