Adolf Hitler nacque il 20 aprile 1889 a Braunau, in Alta Austria. Figlio di un doganiere austriaco, rimase presto orfano e nel 1906 si trasferì a Vienna per studiare pittura, ma non fu ammesso all’Accademia di Belle Arti. Il soggiorno nella capitale, dove gli ebrei occupavano una posizione economica di primo piano e l’antisemitismo era diffuso, lasciò in lui una traccia profonda.
Trasferitosi a Monaco nel 1912, lavorò come pittore edile e come decoratore. Scoppiata la Prima guerra mondiale si arruolò nell’esercito tedesco (1914). Venne ferito e decorato con la croce di ferro. Dimesso dall’ospedale, conservò da lì in poi un ricordo esaltante del fronte e attribuì agli ebrei e ai marxisisti la sconfitta della Germania.
Nel 1919 si iscrisse al partito dei lavoratori tedeschi, un piccolo gruppo di estrema destra diretto da Anton Drexler. Il 24 febbraio 1920 organizzò in una birreria di Monaco la prima riunione pubblica, esponendo in venticinque punti il suo programma, su base pangermanista e razzista.
Nel 1921 eliminò Anton Drexler e divenne il leader del partito dei lavoratori tedeschi cambiandone il nome in partito nazionalsocialista tedesco dei lavoratori.
Nel 1923 organizzò un colpo di stato (Putsch di Monaco) per porre fine alla Repubblica di Weimar. Il tentativo fallì e Hitler venne arrestato. Fu condannato a cinque anni per alto tradimento ma scontò solo pochi mesi. Durante la prigionia scrisse Mein Kampf, dove espose il suo pensiero politico e delineò il programma del partito nazionalsocialista sotto forma di un’autobiografia.
Il 28 febbraio 1925 morì il presidente della Repubblica di Weimar, Ebert. Gli successe il conservatore Hindenburg. Sopraggiunse la crisi del 1929. L’esasperazione suscitata in vasti strati della popolazione fu sfruttata politicamente dai nazisti.
Dal 1930 al novembre 1932 si susseguirono elezioni che videro il partito nazionalsocialista lievitare fino al 37% dei voti (luglio 1932), quindi assestarsi a poco più del 30% (novembre 1932).
Il 30 gennaio 1933 il presidente Hindenburg offrì a Hitler il cancellierato: finiva la Repubblica di Weimar. Hitler guidò fino alle elezioni di marzo un governo di coalizione conservatore.
Il 14 luglio 1933, chiesti e ottenuti dal Parlamento tutti i poteri, il governo emise una legge che faceva del partito nazionalsocialista l’unico partito della Germania: iniziò così la dittatura nazista.
Fu allora costituito un forte apparato poliziesco, con la Gestapo (polizia di Stato segreta) e le SS (guardia personale di Hitler), che si affiancarono alle SA (reparti d’assalto) istituite nel 1921.
Quando le SA pretesero di sostituire l’esercito nazionale, costituendo di fatto un potere autonomo sottratto al controllo dello Stato, Hitler ne fece liquidare i capi (30 giugno 1934, notte dei lunghi coltelli).
Il 2 agosto 1934 Hindenburg morì e Hitler fu proclamato cancelliere e presidente. Immediatamente Hitler procedette alla nazificazione del Paese e intensificò la lotta antiebraica. La cultura venne messa sotto controllo dal ministro della propaganda e informazione Joseph Goebbels. Gli oppositori furono internati nei campi di concentramento. L’economia del Paese fu posta al servizio dello Stato che procedette a un forte riarmo in vista della conquista dello “spazio vitale“.
Nella notte tra il 9 e il 10 novembre 1938, dopo l’assassinio di un diplomatico tedesco a Parigi per mano di un cittadino di origini ebraiche, vi furono devastazioni di proprietà ebraiche, assalti a sinagoghe e uccisioni (notte dei cristalli). Nello stesso anno Hitler iniziò a esprimersi sull’esigenza di trovare la “soluzione finale” al problema ebraico.
Il 1° settembre 1939 la Germania diede inizio alla Seconda guerra mondiale invadendo la Polonia. Le rapide vittorie tedesche in Polonia e successivamente l’invasione della Danimarca e l’occupazione della Norvegia (aprile 1940), furono il preludio allo scatenarsi della grande offensiva in Occidente (maggio 1940) che portò, dopo l’annientamento del Belgio e dell’Olanda, al crollo della Francia (giugno 1940).
Nella primavera 1941 l’occupazione della Iugoslavia e della Grecia estese la dominazione di Hitler su quasi tutta l’Europa continentale (l’Italia era entrata in guerra a fianco della Germania il 10 giugno 1940).
Il 22 giugno 1941 Hitler attaccò l’Urss. Sino alla fine del 1942 i successi tedeschi parvero dargli ragione. Ma dopo Stalingrado (31 gennaio 1943), le vittorie alleate in Africa e il successivo sbarco in Italia (che portò alla caduta di Mussolini, 25 luglio 1943, e all’armistizio italiano, 8 settembre 1943), e l’apertura del secondo fronte in Normandia (6 giugno 1944), la disfatta tedesca risultò inevitabile, suscitando un tentativo dell’opposizione interna per eliminare Hitler prima della definitiva rovina della Germania.
Il 20 luglio 1944, infatti, il colonnello von Stauffenberg collocò una bomba nel quartier generale di Hitler a Rastenburg, nella Prussia orientale. Hitler venne solo leggermente ferito e ordinò una selvaggia rappressaglia nella quale vennero giustiziati tutti i capi del complotto.
Hitler, logorato dalle continue sconfitte, era ormai solo un malato di nervi. Dopo aver sposato il 29 aprile 1945 la sua compagna Eva Braun, e designato l’ammiraglio Dönitz come successore, il 30 aprile 1945 si suicidò mentre a Berlino le truppe sovietiche avanzavano casa per casa.
La Germania si arrese senza condizioni a Reims il 7 maggio 1945.