Il Sacco di Roma del 1527 compiuto dai Lanzichenecchi, i famigerati mercenari tedeschi, al soldo dell’imperatore Carlo V, è uno degli eventi più drammatici ma memorabili della storia del Cinquecento.
Perché nel 1527 Carlo V saccheggiò la città di Roma?
Nel 1519 il giovane Carlo d’Asburgo divenne imperatore con il nome di Carlo V. Oltre che sulla Spagna, l’Italia meridionale e la Sicilia, e la Sardegna, Carlo V regnava sulle terre degli Asburgo in Austria e in Boemia, sulla Fiandra e sui Paesi Bassi.
Per contrastare questa egemonia, il re di Francia Francesco I diede vita a un’alleanza antispagnola, la Lega di Cognac (1526). Alla Lega di Cognac aderì anche il papa Clemente VII, preoccupato che un impero troppo potente nella penisola avrebbe soffocato i territori della Chiesa.
Carlo V considerò il voltafaccia del papa (eletto con il sostegno di Carlo V e della casa di Spagna) un tradimento imperdonabile e la punizione che gli riservò di lì a poco fu terribile.
Il Sacco di Roma 1527: cosa accadde?
Ebbene, nel 1527 in Italia erano presenti i 12 000 Lanzichenecchi che avrebbero dovuto annientare la Lega di Cognac ma furono lasciati senza paga e senza cibo e così i Lanzichenecchi prima devastarono le campagne, poi marciarono su Roma.
È bene tenere presente che in quegli anni i Tedeschi, di religione luterana, consideravano Roma la “città di Satana” e il covo di tutti i vizi; saccheggiarla, ai loro occhi, non appariva un sacrilegio ma un atto della giustizia divina.
Il 6 maggio 1527, arrivati alle mura, i Lanzichenecchi sbaragliarono i 3000 mercenari svizzeri che le difendevano e misero a ferro e fuoco l’intera città.
I cittadini romani furono massacrati; principi, cardinali, mercanti furono torturati dai Lanzichenecchi perché rivelassero dove avevano nascosto le proprie ricchezze; i preti furono messi alla gogna; le monache furono violentate così come le donne nelle loro case; le chiese vennero devastate e molte opere d’arte distrutte.
Carlo V, che era un cattolico fervente, non fece nulla per far cessare il saccheggio.
I Lanzichenecchi restarono a Roma nove mesi, durante i quali il papa si salvò asserragliandosi nella fortezza di Castel Sant’Angelo con la sua corte di prelati, cardinali, burocrati, diplomatici, servi, artisti, scortato dalla Guardia Svizzera.
Alla fine i Lanzichenecchi si ritirarono solo perché la Chiesa, dopo dieci mesi di occupazione, pagò un altissimo riscatto in oro e preziosi e perché restare era diventato impossibile. La città era infatti rimasta senza viveri; le strade erano piene di cadaveri insepolti; l’acqua mancava perché tutte le fontane erano state distrutte e le epidemie falciavano sia le vittime sia i loro carnefici.
Il Sacco di Roma del 1527 ebbe, nell’immaginario dell’epoca, il valore di uno shock, fu vissuto come uno stupro: esso segnava la fine di un’epoca, quella del Rinascimento.
Questo argomento è tratto da Riassunti di Storia-Volume 6 di Studia Rapido L’Ebook è in vendita su Apple Store, Amazon Kindle e Google Books