Il canto dell’usignolo, dall’Adone di Giovan Battista Marino: testo, parafrasi e commento.
Queste ottave che ti presentiamo (32-33-34-35-36-37) fanno parte del canto VII dell’Adone, poema in venti canti pubblicato da Giovan Battista Marino a Parigi nel 1623.
Ad Adone viene mostrato il giardino del piacere, in cui si succedono i segreti dei cinque sensi. Qui siamo nel giardino dell’udito: Mercurio, che guida Adone, mostra i segreti dell’udito e loda, come esempio, il canto dell’usignolo. Dopo l’elogio, Mercurio racconta la storia della gara di canto tra un musico e un usignolo: sarà il musico a vincere, mentre l’usignolo finirà per scoppiare per lo sforzo di imitare il suono dell’artista. Qui però riportiamo solo le ottave (32-33-34-35-36-37) in cui si descrive il canto dell’usignolo.
32
Ma sovra ogni augellin vago e gentile
che più spieghi leggiadro il canto e ‘l volo versa il suo spirito tremulo e sottile la sirena de’ boschi, il rossignuolo, e tempra in guisa il peregrino stile che par maestro del’alato stuolo. In mille fogge i suo cantar distingue e trasforma una lingua in mille lingue. |
Ma l’usignolo (il rossignuolo), la sirena dei boschi, effonde (versa) il suo spirito palpitante (tremulo) e esile (sottile) più di ogni (sovr’ogni) uccellino (augellin) grazioso (vago) e gentile che [nel mondo] più aggraziato (leggiadro) emetta (spieghi) il canto e dispieghi [le ali per] il volo; e forma (tempra) il ricercato (il peregrino) stile in modo (in guisa) che sembri (par) maestro della schiera (stuolo) alata.
In mille maniere (fogge) differenzia (distingue) il suo cantare e trasforma una lingua in mille lingue [: modula il suo canto in mille modi diversi]. |
33
Udir musico mostro, o meraviglia, che s’ode sì, ma si discerne apena, come or tronca la voce, or la ripiglia, or la ferma, or la torce, or scema, or piena, or la mormora grave, or l’assottiglia, or fa di dolci groppi ampia catena, e sempre, o se la sparge o se l’accoglie, con egual melodia la lega e scioglie. |
Oh [quale] meraviglia [è] udire un prodigio (mostro) musicale (musico) che si ode sì ma a stento (apena) si distingue (discerne) come ora (or) interrompa (tronca) la voce, ora la riprenda (ripiglia), ora la fermi, ora la attorcigli (torce), ora la attenui (scema), ora la faccia traboccare (piena), or la mormori [con modulazione] profonda (grave), ora l’assottigli, ora emetta (fa) una estesa concatenazione (ampia catena) di dolci grovigli (groppi) [di note], e, sia (o) che la voce distenda, sia che la condensi (o se la sparge o se l’accoglie), sempre la lega e la scioglie con una melodia continua (egual). |
34
O che vezzose, o che pietose rime
lascivetto cantor compone e detta. Pria flebilmente il suo lamento esprime, poi rompe in un sospir la canzonetta. In tante mute or languido, or sublime varia stil, pause affrena e fughe affretta, ch’imita insieme e ‘nsieme in lui s’ammira cetra flauto liuto organo e lira.
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Oh che seducenti (vezzose), o che commoventi (pietose) rime [l’usignolo], voluttuoso (lascivetto) cantore, compone e detta! Prima (pria) [egli] esprime il suo lamento debolmente (flebilmente), poi interrompe (rompe) la canzonetta con (in) un sospiro. Con (in) tanti mutamenti (mute) ora languido, ora sublime varia stile, ritarda (affrena) le pause e affretta le fughe in modo che (ch’) [egli ] allo stesso tempo (insieme) imita e si ammirano contemporaneamente (‘nsieme) in lui cetra, flauto, liuto, organo e lira. |
35
Fa dela gola lusinghiera e dolce
talor ben lunga articolata scala. Quinci quell’armonia che l’aura molce, ondeggiando per gradi, in alto essala, e, poich’ alquanto si sostiene e folce, precipitosa a piombo alfin si cala. Alzando a piena gorga indi lo scoppio, forma di trilli un contrapunto doppio. |
Talora [l’usignolo] rende (fa) con la (dela) gola che è fonte di gioia e di dolcezza (lusinghiera e dolce) una scala assai (ben) lunga e articolata. Quindi quell’armonia che accarezza (molce) l’aria (l’aura) esala verso l’alto (in alto) ondeggiando per gradi, e dopo che (poich’) si sostiene alquanto e si appoggia (folce), infin (alfin) si cala precipitosa a piombo. Quindi alzando a gola spiegata (a piena gorga) lo scoppio, forma un doppio contrappunto di gorgheggi (trilli). |
36
Par ch’abbia entro le fauci e in ogni fibra
rapida rota o turbine veloce. Sembra la lingua, che si volge e vibra, spada di schermidor destro e feroce. Se piega e ‘ncrespa o se sospende e libra in riposati numeri la voce, spirto il dirai del ciel che ‘n tanti modi figurato e trapunto il canto snodi. |
Pare che [egli] abbia dentro la gola (le fauci) e in ogni parte del suo essere (fibra) una rapida ruota o un turbine veloce. La lingua, che si muove (volge) e vibra, sembra una spada di schermitore abile (destro) e feroce. Se [egli] inarca (piega) e ondula (‘ncrespa), o se sospende e equilibra (libra) la voce in distesi (riposati) ritmi (numeri), [tu] lo chiamerai (il dirai) spirito del Cielo che in tanti modi sciolga (snodi) il canto figurato e ricamato (trapunto). |
37
Chi crederà che forze accoglier possa
animetta sì picciola cotante? e celar tra le vene e dentro l’ossa tanta dolcezza un atomo sonante? O ch’altro sia che da liev’aura mossa una voce pennuta, un suon volante? e vestito di penne un vivo fiato, una piuma canora, un canto alato? |
Chi crederà che una animuccia (animetta) così piccola possa contenere (accoglier) tante (cotante) forze? E [chi crederà] che un atomo canoro (sonante) [possa] celare tra le vene e dentro le ossa tanta dolcezza? O [chi crederà] che sia qualcos’altro (ch’altro) che una voce rivestita di penne (pennuta), un suono volante mosso da una lieve brezza (aura)? E [che sia qualcos’altro] che un vivo fiato, una piuma canora, un canto alato rivestiti di penne? |
Il canto dell’usignolo: commento
La descrizione del canto dell’usignolo è un esempio famoso del virtuosismo barocco dell’autore, che sembra sfidare, con le parole, le melodie della piccola creatura alata, in un gioco raffinato fatto di musicalità dei suoni, di armonia del ritmo, di metafore argute e sorprendenti. Tutti elementi, questi, tipici del Barocco, di cui Gian Battista Marino fu il massimo rappresentante in Italia.
Il virtuosismo barocco di Marino sarà particolarmente apprezzato e imitato da Gabriele d’Annunzio, che nel romanzo L’innocente (1892) descrive in modi analoghi a quelli di Marino il canto dell’usignolo.