Cos’è il Corano
Il Corano è il libro più sacro del mondo islamico, per ogni musulmano è il bene più prezioso. Il termine deriva dall’arabo al-Qur’an, che secondo alcuni studiosi è di derivazione siriaca ed è da ricollegare al verbo qara’a, “leggere”. Il Corano è dunque una lettura ad alta voce, una recitazione.
Com’è suddiviso il Corano
Il Corano è un testo complesso. Secondo la tradizione islamica contiene la raccolta completa delle rivelazioni fatte da Dio a Maometto tramite l’arcangelo Gabriele, fra il 610 e il 632. Le rivelazioni furono comunicate dal Profeta in forma orale e furono in seguito trascritte da alcuni seguaci.
Il testo ufficiale fu fissato durante il terzo califfato (Othman, 644-656).
Il Corano è suddiviso in 114 capitoli, detti sure (dall’arabo surah, “sequenze”) divise in versetti, chiamati ‘ajat; sono disposte secondo un ordine decrescente (da quelle più lunghe a quelle più brevi) con un’unica eccezione: la prima sura, di soli sette versetti, che presenta la preghiera fondamentale per i musulmani.
Tutte le sure cominciano con la basmallah, cioè con la formula “nel nome di Dio, il Clemente, il Misericordioso”; l’unica eccezione è la sura 9.
Le sure trattano argomenti diversi, riconducibili però a quattro principali filoni tematici:
- i precetti, le leggi e le norme giuridiche;
- le storie e le leggende riguardanti Maometto, ma anche i profeti della Bibbia ebraico-cristiana che lo hanno preceduto;
- le esortazioni ai credenti a operare bene;
- gli inni ad Allah.
Le sure si differenziano anche in base al periodo della predicazione:
- quelle che riguardano le rivelazioni ricevute alla Mecca, dette sure del periodo meccano, datate dal 610 al 622, che sono le più antiche;
- le cosiddette sure del periodo medinese, perché rivelate a Medina, e dunque cronologicamente le ultime, datate dal 622 al 632.
Cosa dice il Corano
Il Corano comprende tutta la predicazione di Maometto – dal momento della prima rivelazione (610) fino alla sua morte (632) -, ma non è da considerare opera del Profeta, bensì di Allah, di cui il Profeta non fu che l’intermediario.
Per questa ragione il Corano è per il musulmano la parola rivelata da Dio, fissata una volta per tutte e pertanto definitiva e intoccabile. In questo l’islam si distingue nettamente dal cristianesimo, nel quale l’Antico e il Nuovo Testamento sono stati affiancati nei secoli dalla tradizione, cioè dagli scritti dei Padri della chiesa, dalle disposizioni dei pontefici e dalle decisioni dei concili ecumenici.
Un’altra caratteristica del Corano è di non presentare solo precetti riguardanti il culto e i riti della religione islamica, ma di esporre anche le norme giuridiche che devono regolare la società musulmana e disciplinare la vita del credente. È questa la Shari’a (letteralmente significa “la via diritta”, “la via battuta”). È la legge islamica che disciplina l’attività umana.
La Shari’a regola il diritto penale, i contratti, i matrimoni e la proprietà privata, ma le norme contenute in essa sono limitate. Per questo in seguito le venne affiancata la Sunna (letteralmente significa “tradizione, “costume”, “codice di comportamento”), ovvero la raccolta dei comportamenti che il Profeta ha assunto in differenti occasioni e sono diventati esempi da seguire da parte della comunità dei musulmani e chiave d’interpretazione per la liceità o meno di fattispecie non previste espressamente dal Corano.