Riassunto e commento del racconto Il gatto nero di Edgar Allan Poe. Riassunto di italiano
Il gatto nero di Edgar Allan Poe: riassunto
Il narratore, condannato a morte, decide di raccontare la sua storia. Dichiara subito che sa che non verrà creduto da nessuno ma deve togliersi il peso che porta sulla coscienza.
Racconta di essere stato un bambino docile e affettuoso, con una grande passione per gli animali. Anche la donna che in seguito sposò li adorava e così in casa avevano uccelli, pesci rossi, un cane, conigli, una scimmietta e un gatto.
Il gatto si chiamava Plutone (nome con cui nella mitologia greca si designava il dio del regno dei morti), era forte e bello, completamente nero; era il suo compagno di giochi preferito.
In seguito, il narratore iniziò a bere, a picchiare sua moglie e a maltrattare gli animali, mantenendo però un certo riguardo per il gatto. Una notte rincasò a casa ubriaco fradicio: gli sembrò che il gatto nero lo guardasse di traverso, così lo afferrò violentemente. La bestiola spaventata lo morse e il padrone gli cavò un occhio con un temperino.
Col passare dei giorni e con l’aumentare del vizio del bere, la vista del gatto con quell’occhio vuoto lo irritava terribilmente, finché una mattina prese una corda e lo impiccò al ramo di un albero. Quella stessa notte in casa sua scoppiò un incendio. Riuscì a stento a sfuggire con la moglie e una domestica. Tutta l’abitazione crollò, a parte un muro divisorio poco spesso dove poggiava la testata del suo letto.
Incuriosito da una folla accalcatasi attorno a quel muro, si avvicinò e vide stampata sull’intonaco bianco la sagoma di un gatto mostruoso e gigantesco con una corda intorno al collo. L’accaduto lo impressionò fortemente: per molti mesi continuò ad apparirgli il fantasma del gatto, tanto che decise di sostituirlo con un altro che gli somigliasse.
Una notte, mentre si trovava in una bettola a ubriacarsi, vide un gatto nero grosso come Plutone, quasi identico a lui, tranne che per una striscia bianca che gli cingeva il collo, e pure a questo mancava un occhio. Quando uscì, il gatto gli andò dietro e lo seguì fino a casa. Il nuovo gatto suscitava nel narratore irritazione e disgusto, e in breve prese a odiarlo. Tra l’altro aveva riconosciuto con terrore nella striscia bianca che gli cingeva il collo la somiglianza con una corda.
Un giorno mentre scendeva in cantina con la moglie, il gatto gli si infilò fra le gambe, facendolo quasi cadere. Preso dall’ira, afferrò un’accetta e cominciò a menare colpi all’impazzata. Sentì un gemito, si fermò e si accorse che anziché uccidere il gatto aveva ucciso la moglie. Murò il cadavere della donna in una parete della cantina. Il gatto sembrava scomparso e questo gli procurò un gran sollievo.
Dopo qualche giorno, una squadra di polizia si presentò alla sua abitazione per una perquisizione. Lui con tranquillità e naturalezza li accompagnò.
Quando i poliziotti, pienamente convinti della sua innocenza, stavano per andarsene, il protagonista prese a parlare: disse loro che quella dove lui viveva era proprio una casa ben costruita. Detto questo con un bastone diede un colpo sul muro dietro il quale stava il cadavere della moglie. Si avvertì un suono flebile, che poi dilatò in un grido lungo e lacerante. I poliziotti presero a martellare sul muro e questo crollò. Apparve il cadavere insaguinato della donna e sulla sua testa il gatto nero!
Il gatto nero di Edgar Allan Poe: commento
Tutto il racconto è un intreccio di paura e di ragionamenti assurdi e di sensazioni angosciose. Il gatto, privato di un occhio, assume un «aspetto pauroso»; dopo l’incendio della casa, sull’unico muro rimasto in piedi, appare la figura di un gatto gigantesco con una corda al collo e il protagonista viene «invaso da uno sbalordimento e da un terrore incontrollabili»; per molto tempo egli è perseguitato dal fantasma del gatto e la macchia bianca che esso aveva sul petto assume le sembianze di una forca.
L’angoscia investe anche il lettore che assiste a un crescendo di azioni macabre, dall’episodio del temperino, a quello dell’impiccagione del gatto, poi dell’assassinio della moglie con un colpo di scure in testa e, infine, dell’occultamento del cadavere.
La narrazione dei vari fatti si sviluppa organicamente e consequenzialmente, in una continua contrapposizione tra gli sforzi della ragione di penetrare e capire i fatti e il continuo insorgere di paure irrazionali. Questo gioco sottile riceve l’ultimo tocco con la sorpresa finale. Infatti, quando la vicenda sembra ormai conclusa e chiarita in ogni suo dettaglio e il protagonista sembra essersi razionalmente convinto di essere ormai sicuro da ogni pericolo, ecco che un nuovo evento, imprevedibile e tremendo (l’urlo agghiacciante che si leva all’improvviso nella cantina del protagonista), viene non solo a inchiodare il protagonista alle sue colpe, ma a ribaltare a tutto vantaggio del mistero e delle ossessioni paurose l’oscillazione tra ragione e emozione che aveva caratterizzato il racconto.