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Il macabro processo a papa Formoso

Il macabro processo a papa Formoso, un papa ormai morto, si tenne nell’897 per iniziativa di Lamberto di Spoleto.

Antefatto

Nel novembre 887, Carlo il Grosso della dinastia carolingia, è deposto; la corona del regno d’Italia (comprendente la Toscana e l’Italia settentrionale) è contesa tra i più potenti signori italiani (marchesi del Friuli, di Ivrea, di Toscana, i duchi di Spoleto).

L’ambizione dei diversi concorrenti è sollecitata anche dalla possibilità di esercitare il proprio controllo sul soglio pontificio, ormai privo della protezione carolingia, e aspirare, quindi, anche al titolo imperiale (è il papa, infatti, che all’epoca dava l’investitura all’imperatore).

Nell’888 Berengario del Friuli è eletto re Berengario I. È però subito scalzato da Guido da Spoleto, il quale fa anche consacrare imperatore il figlio Lamberto da papa Formoso (891-896).

Successivamente, però, il pontefice concede il titolo imperiale al re di Germania, Arnolfo di Carinzia. È da questo clamoroso voltafaccia che deriva il macabro e celebre episodio del processo postumo a papa Formoso.

Il processo al papa morto

Morto papa Formoso (4 aprile 896) Lamberto di Spoleto riprende il controllo della situazione a Roma e impone come pontefice Stefano VI. A questi ordina di riesumare il cadavere di Formoso e sottoporlo a processo. Il processo si svolge nel gennaio dell’897.

Il corpo riesumato è posto seduto su un trono nella sala del concilio della Basilica San Giovanni in Laterano, e quindi processato davanti a un sinodo. Alla salma, cui è concesso anche un avvocato, sono rivolte numerose accuse.

Alla fine il sinodo pronuncia la sentenza: sono dichiarate nulle l’elezione papale di Formoso e tutte le ordinazioni da lui conferite.

Gli recidono inoltre le tre dita con cui dava la benedizione e si ordina di cancellare tutte le sue immagini.

Il cadavere è buttato in una fossa comune. Riesumato ancora una volta dopo pochi giorni il corpo è gettato nel Tevere.

Ne segue una rivolta popolare in tutta Roma. La rivolta si conclude con la cattura del pontefice Stefano VI, che è deposto e imprigionato a Castel Sant’Angelo e ucciso per strangolamento nell’ottobre dello stesso anno (897).

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