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Il Pastor Fido: trama e confronto con Aminta

Il pastor fido è una tragicommedia in cinque atti di Giovanni Battista Guarini (Ferrara 1538- Venezia 1612) poeta e letterato italiano. È un dramma pastorale, composto tra il 1580 e il 1589, pubblicato nel 1590 e rappresentato nel 1595 a Ferrara e nel 1598 a Mantova. L’edizione definitiva è del 1602.

È composto di endecasillabi e settenari. Fra un atto e l’altro ci sono quattro intermezzi musicali; alla fine di ogni atto entra in scena il coro che a volte interviene anche a interrompere l’azione.

L’opera ebbe un enorme successo di pubblico fino alla fine del Settecento, oltre a numerose traduzioni.

Il pastor fido la trama

Gli abitanti dell’Arcadia hanno l’obbligo di sacrificare periodicamente a Diana una giovinetta. Come condizione per porre fine a questa consuetudine, l’oracolo indica l’unione di due giovani di stirpe divina. Il sacerdote Montano, quindi, discendente di Eracle, decide di far sposare al figlio Silvio la ninfa Amarilli, discendente del dio Pan. Silvio, però, non pensa all’amore e preferisce la caccia, mentre la ninfa ama, riamata, il pastore Mirtillo.

Corisca, una ninfa malvagia e innamorata del pastore Silvio, sapendo che le leggi del luogo puniscono le infedeli, fa sì che Mirtillo e Amarilli si trovino in una grotta, dove sono scoperti e denunciati da un satiro.

Amarilli, ritenuta infedele perché promessa a Silvio, è condannata a morte, ma Mirtillo ottiene di essere giustiziato in sua vece. Sopraggiunge, però, il presunto padre di Mirtilllo, che dimostra come questi sia in realtà figlio di Montano: essendo anche Mirtillo di discendenza divina, le sue nozze con Amarilli soddisfano l’oracolo. Nel frattempo Silvio si innamora della pastorella Dorinda, che da tempo cercava di conquistarlo: e anche tale matrimonio viene celebrato.

Confronto Aminta e Pastor fido

È chiaro l’intento dell’autore Giovanni Battista Guarini di emulare l’Aminta del Tasso e addirittura di superarla con un uso più sapiente della sonorità musicale (attraverso l’alternanza dei metri, soprattutto endecasillabi e settenari), con un intreccio più ricco, con una presenza maggiore di allusioni e indugi sensuali, con momenti drammatici di effetto più spettacolare.

Non vi si ritrovano, tuttavia, la novità geniale, la dolorosa freschezza d’ispirazione che erano nell’Aminta; e l’ingegnosa favola di Guarini rimane soprattutto come documento (in questo caso perfetto) dell’imminente stagione barocca.

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