Il Piano Marshall è il programma di aiuti avviato dagli Stati Uniti per sostenere i Paesi europei dopo la Seconda guerra mondiale. L’obiettivo era restituire all’Europa il benessere necessario, facendola diventare contemporaneamente un grande mercato per i prodotti americani (l’economia americana riuscì in questo modo ad assorbire l’80% della sua disoccupazione).
La proposta di aiuto economico fu avanzata alle nazioni europee nel 1947 dal generale Marshall (da cui il nome), segretario di Stato. Il 3 aprile 1948 il presidente USA Harry Truman firmò il Piano Marshall.
All’inizio la proposta era indirizzata anche ai Paesi dell’Est, compresa l’Unione Sovietica. I sovietici, però, respinsero il piano. Essi infatti erano convinti che l’aiuto economico fosse solo uno strumento per scalzare la loro influenza e per assoggettare l’Europa agli Stati Uniti. Imposero, inoltre, ai loro “Stati satelliti” di fare altrettanto, mentre i partiti comunisti occidentali promossero agitazioni contro gli aiuti americani.
Al piano aderirono 16 Paesi dell’Europa occidentale e la Turchia. Entrò in funzione nel 1948 e durò fino al termine del 1951. Riversò sulle economie europee ben 13 miliardi di dollari fra prestiti a condizioni di favore e aiuti materiali d’ogni genere, soprattutto macchinari e derrate agricole.
Per tutta risposta, l’Unione Sovietica nel 1949 promosse la costituzione del COMECON (Consiglio di mutua assistenza economica). Riteneva infatti necessario che i Paesi comunisti costituissero tra loro un blocco in grado di contrapporsi ai Paesi capitalisti.
Al COMECON aderirono, oltre all’Unione Sovietica, la Bulgaria, la Cecoslovacchia, la Polonia, la Romania, l’Ungheria (i Paesi fondatori) e l’Albania.
Per quanto riguarda l’Italia, Marshall stabilì l’eventuale sospensione degli aiuti in caso di vittoria elettorale del PCI.