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Il principe capitolo 25, virtù e fortuna – spiegazione

Il principe capitolo 25 ha per titolo «Quanto possa la fortuna nelle cose umane e in che modo la si può contrastare». Contiene quindi una riflessione sul rapporto tra virtù e fortuna nelle vicende umane.

Il principe capitolo 25 – Virtù e fortuna secondo Machiavelli

Secondo Machiavelli è convinzione comune che le cose del mondo siano regolate dalla fortuna e da Dio in modo tale che gli uomini non hanno modo di intervenire e ritiene che da tale convinzione derivi un atteggiamento rassegnato e passivo: gli uomini rinunciano a lottare contro la fortuna, vedendola come una forza invincibile, e si lasciano governare completamente da essa.

Machiavelli osserva che questo atteggiamento è diventato molto diffuso nei suoi anni e lo collega alla crisi italiana che ha radicato nelle menti la convinzione che è impossibile contrastare il gioco della fortuna. Qui Machiavelli allude agli avvenimenti accaduti a partire dalla discesa di Carlo VIII in Italia (1494), che avevano sconvolto gli equilibri fra gli Stati, cogliendo del tutto impreparate le classi dirigenti italiane.

L’autore rivela che davanti agli sconvolgimenti repentini della situazione politica contemporanea anch’egli si è trovato qualche volta a condividere l’opinione di quanti credono impossibile prevedere e dominare gli eventi e inutile affaticarsi per modificare la realtà. Tuttavia, prosegue, egli si rifiuta di credere che il «libero arbitrio» dell’uomo (cioè la possibilità di intervenire sulla realtà, modificandola) sia «spento», che l’uomo sia solo una pedina inerte mossa dal capriccio della fortuna.

Per Machiavelli la fortuna è arbitra di metà delle azioni umane, mentre l’altra metà resta nelle mani degli uomini. L’uomo può cercare di arginare il ruolo della fortuna prevenendo le situazioni spiacevoli: la fortuna è quindi paragonata a un fiume rovinoso che allaga le pianure e distrugge alberi e case: gli uomini previdenti devono disporre per tempo argini e ripari, perché la fortuna dimostra la sua potenza laddove la virtù dell’uomo non riesce a resisterle, quindi quando l’uomo non è preparato.

Passando dalla regola generale ai casi particolari, tuttavia, Machiavelli riconosce che spesso si vede un principe oggi prosperare e l’indomani perdere lo Stato, senza che abbia in nulla mutato carattere o modalità di azione. La causa del fallimento è proprio qui, in questa incapacità di mutare la direzione del proprio operato: siccome la fortuna è varia e mutevole, il politico deve essere duttile, flessibile, deve essere capace di adattarsi a tutte le situazioni nuove che si presentano, comprendere il contesto storico in cui governa, e adattare a quello il suo modo di comandare. Chi non comprende la storia è destinato a fallire.

Prudenza e impulsività – Capitolo 25 Il principe di Machiavelli

Il principe deve sapere dosare prudenza e impulsività: questo è il principe che manterrà il potere, perché saprà adeguarsi di volta in volta, alla situazione che si troverà davanti. Però gli uomini sono rigidi nel loro comportamento e non sanno adattarsi alle circostanze, perciò se l’uomo è così poco duttile, allora è preferibile che egli sia impulsivo anziché prudente. Qui Machiavelli porta a esempio papa Giulio II della Rovere. Questi, nel 1506, decise di occupare Bologna. In seguito, con l’aiuto del re di Francia Luigi XII, e nonostante l’opposizione di Venezia, riuscì a impossessarsi della città scacciando dal governo Giovanni Bentivoglio, che ne era il signore.

La fortuna è donna – Il principe capitolo 25

A questo punto, Machiavelli costruisce l’immagine della fortuna-donna. La fortuna viene paragonata alla donna, emblema dell’irrazionalità. Le donne – dice Machiavelli – vanno dominate con la forza e le percosse. Perciò la donna si lascia vincere (conquistare) da chi è giovane e passionale, piuttosto che da chi è vecchio e agisce con freddezza. Emerge in queste parole il lato misogino del pensiero di Machiavelli, che è evidente anche nella novella Belfagor arcidiavolo e nella commedia Mandragola.

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