Il regime fascista in Italia, fra i regimi totalitari del Novecento, fu il primo a costituirsi e ad imporsi come modello; fu il fascismo a proporre l’idea di uno Stato nuovo, basato sul coinvolgimento delle masse e su un nuovo quadro di riferimento ideologico lontano sia dal socialismo sia dalla democrazia liberale; una dottrina nazionalista volta a fare dello Stato un principio e che, a differenza del nazionalismo classico, finisce per identificare l’individuo singolo con lo stato piuttosto che renderlo indipendente da esso.
Regime fascista riassunto
Ecco che il regime fascista si presenta come una dottrina totalitaria, che non riguarda soltanto l’ordinamento e l’indirizzo politico della nazione, ma tutta la sua volontà, il suo pensiero e il suo sentimento (rielaborando una definizione di Giovanni Gentile, teorico del fascismo).
Tuttavia, Mussolini fallì. Il fascismo infatti non può definirsi un totalitarismo perfetto per via di quei due poteri sui quali Mussolini non ebbe mai il controllo assoluto: la Chiesa e il re.
Oltre il 99% della popolazione si dichiarava infatti cattolica; la pratica religiosa era diffusa in modo massiccio; le parrocchie erano spesso l’unico centro di aggregazione sociale e culturale. Mussolini cercò quindi l’intesa con il Vaticano, perché non era facile governare contro la Chiesa o senza trovare compromesso con essa.
Le trattative Stato-Chiesa iniziarono nell’estate del ’26 e si protrassero per due anni e mezzo nel segreto più assoluto; si conclusero l’11 febbraio 1929 con la stipulazione dei Patti Lateranensi dal nome dei palazzi Laterani in cui fu firmato il documento tra Mussolini e il cardinale Gasparri, segretario di Stato Vaticano.
I Patti Lateranensi
I Patti Lateranensi si articolavano in tre parti distinte:
- un concordato, che regolava i rapporti interni tra Chiesa e Regno d’Italia; esonerava i sacerdoti dal servizio militare; escludeva i preti spretati dagli uffici pubblici; stabiliva che il matrimonio religioso avesse anche effetti civili; rendeva fondamentale l’insegnamento della dottrina cattolica; permetteva alle organizzazioni dipendenti dall’Azione cattolica di continuare a svolgere la loro attività, ma al di fuori di qualsiasi organizzazione politica;
- un trattato internazionale, che poneva fine alla questione romana iniziata nell’1870 da Pio IX: la Chiesa ora riconosceva lo Stato italiano e si vedeva riconosciuta la Città del Vaticano;
- una convenzione finanziaria con cui l’Italia si impegnava a pagare una forte indennità a titolo di risarcimento per la perdita dello Stato pontificio.
I Patti lateranensi furono favorevoli tanto a Mussolini quanto alla Chiesa.
Mussolini estese in questo modo l’area di consenso. Nel marzo del ’29 ci furono infatti le prime elezioni plebiscitarie, nelle quali votarono il 90% degli italiani, di cui il 98% furono i voti favorevoli.
La Chiesa, intanto, aveva riacquistato l’influenza nell’istruzione e nella legislazione matrimoniale. Con le sue organizzazioni giovanili, la Chiesa faceva concorrenza al fascismo, ma non usò mai i suoi spazi per fare propaganda antifascista, servendosene per educare una parte non trascurabile della gioventù, per formare quella classe dirigente che nel Secondo dopoguerra avrebbe preso il posto di quella fascista.
L’altro potere forte che limitava il potere di Mussolini era la monarchia. Il re infatti era sì ostaggio di Mussolini, ma rimaneva il capo delle forze armate, sceglieva i senatori, nominava e revocava il capo del governo. Poteri teorici previsti dallo Statuto albertino, che, tuttavia, in un momento di crisi del fascismo il re avrebbe potuto sfruttare per ritornare punto di riferimento dei militari e della borghesia conservatrice.