Il rosso e il nero di Stendhal riassunto del romanzo e breve biografia dell’autore.
Stendhal biografia
Stendhal, pseudonimo di Marie-Henri Beyle, nasce a Grenoble, nelle Alpi francesi, il 23 gennaio 1783, da un’agiata famiglia borghese.
A diciasette anni si reca in Italia, dove serve per qualche tempo nell’esercito di Napoleone. Tra il 1800 e il 1802 è infatti sottotenente dei dragoni in Italia. Sino al 1814 ricopre vari incarichi civili e partecipa alla campagna di Russia.
Dopo la caduta di Napoleone, pur continuando a viaggiare assiduamente soprattutto in Italia, comincia a dedicarsi alla letteratura.
Stendhal muore a Parigi il 23 marzo 1842.
Stendhal occupa una posizione di primo piano nella letteratura romantica dell’Ottocento, sia in Francia sia in Europa.
Fra le sue opere maggiori ricordiamo i romanzi Il rosso e il nero (1830) e La Certosa di Parma (1839); i libri di viaggio Roma, Napoli e Firenze (1817) e Memorie di un turista (1838).
Il “beylismo” di Stendhal
Stendhal ha una concezione particolare della vita, definita dallo stesso scrittore “beylismo” (riprendendo il suo vero nome, Marie-Henri Beyle).
È un’ideale di vita intensa, tesa alla ricerca del piacere e della felicità; una sorta di epicureismo individualista, che giunge all’“egotismo” (come lo definisce Stendhal stesso). Ma è un culto dell’io diverso da quello melanconico dei romantici: è entusiastico, gioioso, vitale.
Stendhal ama infatti i temperamenti energici, appassionati e coraggiosi. Per questo egli si contrappone al grigiore opprimente dell’età della Restaurazione.
È un’ insofferenza che ritroviamo in un altro scrittore dalla visione della vita eroica e intensa, il giovane Giacomo Leopardi. Ma in Stendhal non vi è mai abbandono sentimentale e il rifiuto di ogni lirismo sentimentale si trasferisce anche nello stile, che tende ad essere oggettivo, secco e diretto.
Il rosso e il nero riassunto e commento
Il rosso e il nero libro composto tra il 1829 e il 1830, è il primo dei grandi romanzi di Stendhal. È ispirato a un fatto di cronaca realmente accaduto nel 1827. Si tratta del tentato omicidio in chiesa di una donna da parte del giovane precettore che ne era diventato l’amante, e la successiva condanna a morte di quest’ultimo.
Protagonista è un giovane provinciale Julien Sorel, nato in una cittadina della Franca Contea da modesta famiglia (il padre, di origini contadine, è proprietario di una segheria).
Julien Sorel è dominato dall’ambizione ed aspira ad affermarsi al di là della sua condizione sociale. Ha una concezione della vita eroica ed energica, e per questo ammira ardentemente Napoleone.
Si rende però conto che nel clima della Restaurazione l’unica via di affermazione è la carriera ecclesiastica. Per ottenere il suo fine sceglie quindi l’ipocrisia. Julien, infatti, è ateo, ma sceglie l’abito religioso come strumento per la sua ascesa sociale.
Il titolo del romanzo è, in tal senso, emblematico. Tra le numerose interpretazioni possibili, la più probabile indica ne rosso e nero la contrapposizione, posta al centro dell’opera, tra l’ambito militare e quello ecclessiastico: il rosso è il colore che Napoleone esibiva nelle uniformi di parata; il nero è il colore della sottana dei preti, è la vita ecclesiastica, fatta di calcoli astuti, cinismo e compromessi.
Sebbene Julien disprezzi l’ipocrisia, perché non in armonia con la sua anima generosa, appassionata, impetuosa, orgogliosa e con un forte senso della sua dignità, è però costretto a misurarvisi in nome dell’ambizione sfrenata entro la quale tali passioni sono convogliate.
Julien entra nella casa del sindaco della sua cittadina, Monsieur de Rênal, come precettore dei suoi figli; ne seduce la moglie, per un impulso in cui si mescolano il desiderio di provare la propria energia, la rivalsa sociale contro i ceti superiori che lo umiliano, ma anche la passione autentica.
Per lo scandalo suscitato Julien deve lasciare la città ed entra nel seminario di Besançon. Preso a benvolere dal direttore, l’abate Pirard, rigoroso gianseista, per sua intercessione è assunto come segretario del marchese de la Mole e si trasferisce a Parigi.
Julien riesce a conquistare la fiducia del marchese ma anche l’interesse della figlia, Matilde, dal carattere forte ma propenso alle fantasticherie.
I due giovani divengono amanti: Matilde scopre in Julien quell’energia eroica che ella tanto ammira e che non riesce a trovare nei nobili che la circondano.
La giovane, che attende un figlio da Julien, riesce ad ottenere dal padre il consenso alle nozze. Il marchese ha però chiesto a Madame de Rênal informazioni su Julien, e la donna, indotta dal confessore, lo denuncia come cinico arrivista, che ricorre alla seduzione come mezzo per raggiungere i gradi più elevati della società.
Julien, spinto da uno dei consueti impulsi istintivi, torna a Verrières e spara all’antica amante durante una funzione in chiesa, ferendola.
Julien è condannato a morte, nonostante le pressioni esercitate da Matilde presso un importante prelato per farlo assolvere.
Trascorre in carcere gli ultimi giorni della sua vita, riflettendo con lucida calma sulla vanità dell’ambizione e sulla profondità del sentimento d’amore che lo aveva legato alla signora de Rênal. A confortarlo negli ultimi giorni di vita è proprio Madame de Rênal e in Julien rinasce l’amore per lei.
L’eroe affronta la ghigliottina con coraggio. Matilde seppellisce con le sue stesse mani la testa dell’amante. Madame de Rênal muore tre giorni dopo di crepacuore.