Il servitore di due padroni, meglio nota come Arlecchino servitore di due padroni (da una messa in scena di Giorgio Strehler nel 1947), è una celebre commedia di Carlo Goldoni, scritta dall’autore nel 1745 su invito di Antonio Sacchi (1708-1788), famoso attore e consueto interprete della maschera di Truffaldino (variante del nome Arlecchino), il servo ghiotto e sciocco della Commedia dell’Arte.
Come afferma nelle pagine della Prefazione, Goldoni non compilò per intero la commedia, che venne stesa integralmente solo in vista della stampa nell’edizione Paperini del 1753 (cambiando il nome del protagonista in Truffaldino), ma ne tracciò solamente il canovaccio e ne scrisse per intero solamente le scene più serie, lasciando le altre all’improvvisazione degli attori. Il successo fu tale che Carlo Goldoni lasciò, da quel momento, il mestiere di avvocato per dedicarsi interamente all’attività di commediografo.
Il servitore di due padroni Trama dettagliata
La commedia si apre a Venezia in casa di Pantalone de’ Bisognosi, anziano mercante, che sta assistendo alla promessa di matrimonio tra sua figlia Clarice e Silvio, figlio del dottor Lombardi. In precedenza Clarice era stata promessa in sposa a un certo Federigo Rasponi, morto in una lite a causa della sorella di lui, Beatrice. Alla promessa di matrimonio assistono Smeraldina, serva di Clarice, e Brighella, locandiere veneziano.
Inaspettatamente, irrompe sulla scena Truffaldino (Arlecchino), il giovane servo venuto per annunciare il suo padrone: Federigo Rasponi (il promesso sposo di Clarice), arrivato a Venezia per incontrare la sua futura sposa e per fare chiarezza sulla dote della ragazza.
In realtà colui che si presenta è Beatrice Rasponi, sorella del defunto Federigo, vestita con abiti maschili, per riscuotere (ingannevolmente) i soldi della dote e così potere aiutare Florindo Aretusi, l’assassino di suo fratello e suo amante, fuggito a Venezia, e che lei sta inseguendo.
Brighella riconosce Beatrice ma non svela l’inganno dinanzi ai presenti. Truffaldino, invece, non sa nulla riguardo la vera identità del suo padrone; il suo unico obiettivo è riempire la pancia, essendo perennemente tormentato dalla fame e dall’ingordigia.
Non soddisfatto del trattamento di Beatrice, che trascura gli orari del pranzo e lo lascia spesso da solo, per uno scherzo del destino si trova a servire un altro padrone, Orazio Ardenti, che in realtà si rivelerà essere Florindo Aretusi.
Truffaldino s’ingegna a servire contemporaneamente, in stanze diverse, i suoi due padroni (Florindo e Beatrice) che alloggiano nella stessa locanda gestita da Brighella. Si disimpegna con tale abilità e astuzia da lasciare allibiti gli stessi camerieri professionisti. Fra una corsa e l’altra non tralascia di assaggiare golosamente i vari piatti sfornati dalla cucina.
La sua finzione arriva al culmine quando arriva a scambiare il contenuto di due bauli: uno di Beatrice e l’altro di Florindo. Il servitore di due padroni deve ora spiegare a Beatrice come mai sia entrato in possesso di lettere che appartengono a Florindo, mentre a quest’ultimo, viceversa, deve spiegare perché è in possesso di un ritratto di Beatrice. Truffaldino racconta a entrambi di aver ereditato quegli oggetti da un precedente padrone defunto.
Beatrice e Florindo minacciano allora di suicidarsi convinti che i rispettivi amanti siano morti, ma Truffaldino/Arlecchino riesce a risolvere ogni cosa: riesce a far incontrare “per caso” i due padroni innamorati, i quali vengono condotti a nozze.
Clarice e Silvio, con le rispettive famiglie, si riappacificano non appena viene svelato l’inganno di Beatrice; anche Truffaldino e Smeraldina, la cameriera di Clarice, ottengono il permesso di sposarsi. Infine, Truffaldino (Arlecchino) rivendica il successo dell’impresa: è riuscito a servire due padroni senza che l’uno abbia sospettato l’esistenza dell’altro.