Il Simposio di Platone è un dialogo del 384 a.C. circa. Il dialogo si svolge nella casa del drammaturgo Agatone, tra Socrate e un gruppo di amici e discepoli, durante un tradizionale simposio.
L’argomento trattato è quello dell’Amore o Eros, che qui Platone, per bocca di Socrate, esalta come forza spirituale e intellettuale che spinge l’uomo alla ricerca del bene e della felicità, cioè della verità.
Il Simposio di Platone riassunto
Durante il simposio (letteralmente “banchetto”) ciascuno dei convitati esprime le proprie convinzioni sulla natura e sugli scopi di Eros:
Fedro (lo stesso del dialogo omonimo), esperto di retorica, lo esalta come il più antico degli dèi;
Pausania, un aristocratico filospartano, lo loda come fatto morale e lo distingue nettamente dall’amore come istinto animalesco;
il medico Erissimaco individua nell’amore quell’energia profonda della natura che mantiene l’equilibrio degli opposti nell’organismo;
Il commediografo Aristofane esalta paradossalmente l’Amore tra appartenenti allo stesso sesso;
Agatone vede nell’amore la forza ispiratrice delle scienze e delle arti.
Prende per ultimo la parola Socrate. Egli si rifà a certe affermazioni della profetessa Diotima di Mantinea; sostiene che Amore è qualcosa di intermedio tra il mortale e il divino, una sorta di demone figlio di Ingegno e Povertà, che tende perennemente a conquistarsi ciò di cui avverte la mancanza. Amore in questo senso è ansia di possesso e di acquisto e così come c’è l’amore tra i corpi che ha per scopo la procreazione, c’è l’Amore delle anime che cercano il bello come i poeti e gli artisti e lo vogliono far scaturire da ogni spirito nobile ed elevato.
L’Amore diventa in tal modo fonte perenne di rigenerazione e di educazione morale, legame profondo e indistruttibile tra le anime, visione altissima di verità.
Interviene quindi nel dialogo il sopraggiunto Alcibiade. Questi, ebbro di vino, esalta le virtù morali e intellettuali di Socrate del quale si professa amico e ammiratore.
I presenti si addormentano uno dopo l’altro; restano svegli Agatone, Aristofane e Socrate, che attendono l’alba bevendo e discorrendo di poesia.