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Iliade Libro Nono riassunto

Iliade Libro Nono. Riassunto del Libro Nono dell’Iliade.

Tanto i Troiani sono fiduciosi, tanto i Greci sono angosciati. Agamennone vorrebbe far ritorno in patria, ma Diomede, furioso, dichiara che mai gli Achei si comporterebbero in modo tanto vile e propone di insistere nell’impresa: se lui – Agamennone – vuole andare, vada pure!

Nestore, il più saggio e il più anziano tra gli Achei, consiglia di inviare ambasciatori ad Achille per indurlo a riconciliarsi con i compagni.

Agamennone riconosce di aver sbagliato e si dichiara disposto a restituire Briseide ad Achille, a fargli doni preziosi per l’immediato e a promettergli molto di più per il futuro; gli darà come sposa una delle proprie figlie, con una ricca dote paterna.

Si recano come ambasciatori alla tenda di Achille l’anziano Fenice, che è stato il suo precettore, Aiace Telamonio e l’astuto Odisseo.
Essi trovano Achille nella sua tenda, in compagnia di Patroclo, mentre canta imprese eroiche accompagnandosi con la cetra. Achille li accoglie amichevolmente e fa preparare per loro un banchetto.

Dopo il banchetto, prende la parola Odisseo. Egli insiste innanzitutto sulla condizione disperata degli Achei; allude alla furia di Ettore; ricorda le raccomandazioni di Peleo, padre di Achille, alla partenza del figlio per la spedizione: lo esortava a frenare il suo cuore; enumera gli splendidi doni di Agamennone; chiede pietà per i Greci sconfitti, e promette che essi lo onoreranno come un dio; prospetta ad Achille la possibilità di uccidere Ettore, che non può «essere pari a nessuno dei Greci».

Achille rifiuta categoricamente e in un lungo discorso ribadisce il suo insanabile distacco da Agamennone: la riparazione dell’onore ferito può avvenire solo attraverso la completa umiliazione dell’avversario (la sua sconfitta nella guerra); i doni non basteranno mai e gli sono odiosi. Infine, prospetta il proprio ritorno in patria e la rinuncia al destino eroico di combattente votato a una morte precoce: nulla vale quanto la vita!

Il vecchio precettore Fenice, con un lungo e toccante discorso (ha visto crescere Achille, lo ha tenuto sulle ginocchia), cerca di far desistere Achille dalla sua collera, ma il Pelide è irremovibile: Fenice non deve sostenere in nessun modo Agamennone, l’odiato rivale; potrà restare suo ospite nella tenda e l’indomani deciderà se restare o partire con lui.

Aiace fa un ultimo discorso, più breve, per richiamare Achille alla solidarietà con i Greci, tenendo conto dei doni offerti. Il Pelide dichiara che non parteciperà alla guerra, a meno che Ettore in persona non voglia attaccare direttamente la sua tenda e la sua nave, ma pensa che il capo troiano si asterrà dal farlo.

Fenice resta a dormire da Achille e Patroclo, mentre Odisseo e Aiace fanno ritorno. Sconcertati, riferiscono agli altri compagni Greci l’esito negativo dei colloqui con Achille. Tutti restano profondamente turbati, finché Diomede non li rinfranca: è meglio lasciar perdere l’orgoglioso Pelide, reso ancora più superbo dalle offerte dei doni; ma ci sono già tanti altri Greci pronti ad affrontare la battaglia decisiva del giorno seguente.

Il racconto continua con Iliade Libro Decimo riassunto

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