L’imperialismo fu un fenomeno nuovo, diverso dal colonialismo dell’antichità e dei primi secoli dell’età moderna.
L’età dell’imperialismo ebbe inizio nel 1870 e si concluse nel 1914, con lo scoppio della Prima guerra mondiale.
La più grande potenza imperialistica d’Europa fu la Gran Bretagna, seguita da Francia, Belgio, Paesi Bassi, Germania e Italia. L’imperialismo riguardò anche l’Austria, che cercò di espandersi verso la penisola balcanica e la Russia che mirò di estendere il proprio potere sia sulla penisola balcanica sia sulla Siberia. Al di fuori dell’Europa le grandi potenze imperialistiche furono Stati Uniti e Giappone.
Le cause che determinarono l’imperialismo
Cause economiche. Il grande sviluppo economico determinato dalla rivoluzione industriale fece crescere l’importanza delle materie prime (petrolio, ferro, rame ecc.). I Paesi europei erano poveri di materie prime, mentre quelli africani o asiatici ne erano ricchi. Inoltre, i nuovi Paesi conquistati avrebbero costituito un mercato cui destinare le merci prodotte.
Cause politiche. Una forma esasperata di nazionalismo portò a negare la libertà a tante altre nazioni. Le conquiste coloniali divennero perciò il simbolo di una nazione forte, potente e prestigiosa.
Cause sociali. L’imperialismo serviva a dare sfogo alle tensioni sociali interne ai Paesi industrializzati. Il sogno dell’impero avrebbe distratto milioni di lavoratori dai problemi economici e sociali che essi vivevano nella quotidianità, con il miraggio di nuove opportunità di lavoro e di ricchezza.
Cause culturali. Era opinione diffusa che l’uomo bianco dovesse dominare tutte le altre “razze“. Nei confronti poi di quei popoli che erano rimasti “selvaggi” il compito dell’uomo bianco era quello di portare loro la civiltà.
La spartizione dell’Africa
Nel 1869, dopo l’apertura del Canale di Suez, che moltipicò i commerci tra Europa e Oriente, Inghilterra e Francia lottarono accanitamente per controllare l’Africa orientale. Prevalse l’Inghilterra: occupato nel 1882 l’Egitto, si allargò anche in Sudan e Nigeria. Divenne inglese anche quasi tutto il Sud dell’Africa, dopo una guerra con i Boeri, coloni di origine olandese.
La Francia, insediata in Algeria dal 1830, occupò Tunisia, Marocco e una vasta regione nell’Africa occidentale.
Il Belgio si prese il Congo. La Germania conquistò la Namibia, il Tanganica e il Camerun.
Alla fine in Africa rimasero indipendenti solo Etiopia e Liberia.
L’Italia, dopo la sconfitta di Adua del 1896 dovette accontentarsi dell’Eritrea, di parte della Somalia, e, nel 1912, si aggiunse la Libia.
La spartizione dell’Asia
L’impero britannico, che era il più vasto, possedeva in Asia enormi territori. Questi andavano dalla penisola arabica alla Cina e all’Indonesia e avevano come centro il subcontinente indiano. Il subcontinente indiano comprendeva l’India, il Pakistan e il Bangladesh.
Il Giappone, l’unica grande potenza asiatica, aveva indirizzato i suoi interessi verso le aree vicine: la Corea, che da sempre i giapponesi consideravano un’estensione naturale del loro impero, e l’isola di Formosa (attuale Taiwan), che il Giappone strappò alla Cina con la prima guerra cino-giapponese (1894-95).
I possedimenti degli Stati Uniti in Asia erano rappresentati dalle Filippine, sottratte alla Spagna nella guerra ispano-americana (1898). Le Filippine erano appartenute alla Spagna per più di tre secoli.
I primi insediamenti olandesi in Asia risalivano al Seicento. Si trattava di avamposti commerciali situati sulle coste dell’India, delle isole di Sri Lanka, Malacca e Giacarta. Fu nel corso dell’Ottocento che l’espansione olandese arrivò a comprendere quasi tutta l’Indonesia.
La Francia iniziò la sua espansione nella penisola indocinese con l’occupazione della Concincina (attuale Vietnam) nel 1862; seguirono Cambogia e Laos tra gli anni 1883-1893. Dalla conquista francese rimase fuori il regno del Siam (attuale Thailandia), uno dei pochi Stati asiatici che si mantennero indipendenti. L’Inghilterra e la Francia attribuirono infatti al Siam la funzione di «Stato cuscinetto», cioè di territorio autonomo che separa i possedimenti di due nazioni potenzialmente ostili.
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