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Canto 27 Inferno riassunto e commento

Canto 27 Inferno di Dante è ancora ambientato nell’ottava bolgia dell’ottavo cerchio, fra i consiglieri fraudolenti. Essi vagano nella bolgia tenebrosa nascosti da una fiammella lampeggiante, come contrappasso per avere attuato in vita i loro inganni in modo nascosto.

Cosa succede nel Canto 27 Inferno di Dante?

  • Incontro con Guido da Montefeltro (vv. 1-57)
  • Il peccato e la dannazione di Guido da Montefeltro (vv. 58-136)

Inferno Canto 27: Incontro con Guido da Montefeltro (vv. 1-57)

Virgilio e Dante si trovano ancora nell’ottava bolgia dell’ottavo cerchio, fra i consiglieri fraudolenti.

Dopo l’allontanamento di Ulisse e Diomede (leggi Canto 26 Inferno di Dante. Riassunto e commento), compare uno spirito avvolto dalle fiamme. Lo spirito ferma Virgilio e gli chiede notizie della sua terra d’origine, la Romagna. Risponde Dante, che gli descrive la condizione delle principali città di quella regione.

La Romagna – afferma Dante – non è e non è mai stata senza guerra, e la pace ora è solo apparente. Ravenna è sotto la famiglia da Polenta, che domina il territorio fino a Cervia.

Forlì, che ha già sostenuto un lungo assedio e che ha fatto strage di Francesi, si trova ora sotto il dominio degli Ordelaffi (Forlì era stata assediata fra il 1281 e il 1283 dalle truppe francesi inviate da papa Martino IV, sino a essere costretta alla resa. In quell’occasione, la difesa era stata animata proprio da Guido da Montefeltro, cui Dante si sta rivolgendo, e che riuscì a fare strage dei nemici).

I Malatesta, che si sono impadroniti di Rimini, dilaniano gli avversari politici. Maghinardo dei Pagani governa Faenza e Imola cambiando in maniera opportuna le sue alleanze. Cesena vive tra tirannia e condizione libera.

Dopo aver spiegato allo spirito quale sia lo stato della Romagna, Dante gli chiede ora chi sia, come ha già fatto tante altre volte nell’Inferno.

Inferno Canto 27: Il peccato e la dannazione di Guido da Montefeltro (vv. 58-136)

Si tratta di Guido da Montefeltro. Egli si appresta a narrare la sua vicenda convinto che nessuno, in Terra, la saprà coprendolo definitivamente d’infamia. Invece, Guido sta parlando con chi è stato scelto da Dio per riferire ai vivi del mondo ultraterreno.

Dopo una vita da uomo d’armi, astuto e subdolo anziché coraggioso e leale, si pente e si fa francescano. Ma papa Bonifacio VIII, che ne conosce la fama, lo convoca, promettendo di assolverlo se gli spiega come vincere la famiglia romana dei Colonna, suoi nemici.

Qui Dante allude alla lotta intrapresa da Bonifacio nel 1297 contro i Colonna e i loro seguaci, che si rifiutavano di riconoscere la validità dell’abdicazione di Celestino V e quindi dell’elezione del nuovo papa. Scomunicati e invitati a sottomettersi entro dieci giorni, i Colonna si rifugiarono nei castelli di Zagarolo e di Palestrina, dove resistettero per un anno e mezzo.

Guido da Montefeltro esita, rendendosi conto del peccato che sta per commettere, poi, convinto, accetta, considerando più grave il peccato della disobbedienza che non quello di fornire un consiglio fraudolento (la decisione appare chiaramente dettata da un calcolo cautelativo). Consiglia quindi a Bonifacio di promettere il perdono ai suoi nemici senza poi mantenerlo.

Ma alla sua morte, il diavolo pretende l’anima di Guido da Montefeltro, seppur richiesta da san Francesco. Il diavolo argomenta, infatti, che non ci si può pentire di un’azione e insieme commetterla. Per questo egli è stato condannato nella bolgia dei consiglieri fraudolenti.

Al termine del suo racconto Guido da Montefeltro si allontana, agitando la punta aguzza. Dante e Virgilio proseguono per la bolgia successiva, dove sono puniti i seminatori di discordia.

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