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Ippocrate e la nascita della scienza medica

Ippocrate nacque tra il 460 e il 450 a.C. nell’isola greca di Cos. Figlio del medico Eraclide, viaggiò frequentemente. Soggiornò infatti con molta probabilità ad Atene e anche ad Abdera, dove fu in rapporti con Democrito. Concluse infine la sua esistenza a Larissa, in Tessaglia, nel 380 a.C.

Nel mondo greco la medicina era un mestiere come un altro, non esistevano titoli professionali riconosciuti dalla legge, chiunque poteva pretendere di fare il medico; le conoscenze generali e le abilità tecniche erano trasmesse tramite un normale apprendistato compiuto presso un maestro. E Ippocrate trasmise le sue conoscenze sia ai membri della propria famiglia sia ai discepoli che da ogni regione del mondo greco andavano a Cos attratti dalla sua fama.

Sotto il nome di Ippocrate sono giunti circa sessanta trattati medici che costituiscono il cosiddetto Corpus Hippocraticum. Solo una minima parte di essi tuttavia furono scritti effettivamente da Ippocrate; gli altri risalgono ai suoi allievi o a medici di altre scuole. Un relativo accordo fra gli studiosi sussiste per due di essi: Sul morbo sacro e Sulle arie, le acque e i luoghi.

Ippocrate Sul morbo sacro

Sul morbo sacro tratta in termini antisuperstiziosi e scientifici l’epilessia, tradizionalmente considerata un morbo inviato dagli dèi e perciò detto «sacro».

Ippocrate Sulle arie, le acque e i luoghi

Nel secondo scritto la salute umana è posta in rapporto con l’influsso esercitato dal clima.

Altri scritti

Al pensiero di Ippocrate possono in buona parte essere ricondotti anche i due trattati chirurgici Sulle fratture e Sulle articolazioni, nonché il Prognostico e le Epidemie.

Da ricordare, nel secondo capitolo del Prognostico, la descrizione dei segni che preannunziano la morte, quella che ancora oggi nel linguaggio medico è detta facies Hippocratica.

Il pensiero di Ippocrate

I testi ippocratici si distinguevano per una caratteristica comune: essi negavano che le malattie fossero una punizione divina; non attribuivano nessun valore terapeutico alle preghiere, agli incantesimi, alle guarigioni misteriose che si diceva avvenissero presso alcuni santuari.

Una nuova medicina razionale si opponeva alla vecchia medicina religiosa e magica e tutto era ricondotto alla natura e ai suoi fenomeni.

Un’altra caratteristica ricorrente nella medicina ippocratica era l’importanza attribuita all’osservazione meticolosa dei malati e alla registrazione sistematica di tutti i dati riguardanti il decorso della malattia.

Questa attenzione per i particolari portò, per la prima volta nella storia della medicina, alla compilazione di schede cliniche (gli esemplari pervenuti sono alcune decine) di singoli malati.

Alcune osservazioni dei medici seguaci di Ippocrate sono rimaste alla base della scienza moderna e sono ritenute valide ancora oggi.

Gli ippocratici hanno lasciato una formulazione riguardo il fine della medicina rimasta celebre: «Nelle malattie, il medico deve avere due cose in vista: essere utile o almeno non nuocere». La seconda precisazione «non nuocere», esprime la consapevolezza della difficoltà dell’arte medica, e raccomandava un atteggiamento prudente e rispettoso nei confronti del malato. È il malato, sottolineano gli ippocratici, il vero protagonista, colui che combatte la malattia; il medico è soltanto l’alleato del malato, colui che lo aiuta in quella drammatica lotta.

Quasi certamente più antico di Ippocrate è il celebre Giuramento di Ippocrate, alla base dell’etica professionale medica.

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