L’Iscrizione di San Clemente rappresenta una delle più antiche testimonianze del volgare italiano (il primo in assoluto è il Placito capuano).
L’Iscrizione di San Clemente è contenuta in un affresco molto particolare situato nella cripta della Basilica di San Clemente a Roma. La datazione è compresa fra il 1084 e il 1100. Si tratta di una specie di “fumetto” che illustra un miracolo del santo.
Nell’Iscrizione di San Clemente vi si narra che il patrizio pagano Sisinnio è convinto che Clemente abbia messo in atto contro di lui le proprie arti magiche per insidiargli la moglie, convertita al cristinanesimo.
Sisinnio ordina quindi ai servi (Gosmario, Albertello e Carboncello) di arrestarlo, ma mentre questi lo trascinano, il corpo del santo si trasforma miracolosamente in una pesantissima colonna.
La scena è rappresentata in modo assai vivace.
Al centro del dipinto c’è un colonnato con un’iscrizione in latino e ai lati opposti sono raffigurati sia Sisinnio sia i servi che tentano inutilmente di smuovere la colonna.
Accanto all’uno e agli altri ci sono scritture in volgare in cui è trascritto ciò che Sisinnio e i servi dicono. Ecco il testo.
Testo in volgare che riproduce le parole dette da Sisinnio e dai servi.
Sisinium: «Fili dele pute, traite» (Figli di puttane, tirate!)
Gosmarius: «Albertel, trai» (Albertello, tira)
Albertellus: «Falite dereto colo palo, Carvoncelle» (Vagli dietro col palo, Carboncello).
Testo in latino che riproduce le parole di San Clemente.
«Duritia cordis tui in saxa conversa est, et cum saxa deos aestimatis saxa traere meruistis» (La durezza del tuo cuore si è tasformata in sassi, e dal momento che tu ritieni che gli dèi siano sassi, hai meritato di trascinare sassi».
Come si può notare, il volgare romanesco è considerato un linguaggio basso rispetto al latino, lingua più elevata non a caso messa in bocca al santo.
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