La filosofia politica di Popper è contenuta ne La miseria dello storicismo e ne La società aperta e i suoi nemici.
La critica di Karl Popper allo storicismo: Popper definisce lo storicismo come una velenosa malattia intellettuale; lo storicismo a cui Popper fa riferimento non è né lo storicismo tedesco contemporaneo né lo storicismo neoidealistico con cui condivide la tesi dell’inesistenza di leggi dello sviluppo storico; il concetto di storicismo di Popper è molto ampio: concezioni totalizzanti della storia di indirizzo idealistico, materialistico, positivistico, sociologistico, ecc; è uno schema polemico di natura tipico-ideale, di cui Popper si serve per alludere a tutte quelle filosofie che hanno preteso di cogliere un senso globale e oggettivo della storia, inteso come una sorta di destino cui gli individui dovrebbero uniformarsi, accettando la profetizzata direzione di marcia della società.
Karl Popper contesta lo storicismo perché:
- ipotizza un senso preocostituito della storia rispetto alle interpretazioni e alle decisioni umane, mentre la storia assume il senso che gli uomini le danno;
- confonde lo studio dei fatti con le prescrizioni di valore: lo storicismo pretende di poter prevedere il futuro delle vicende umane basandosi su alcune tendenze, ma una previsione, per essere veramente scientifica, deve basarsi su una legge e non su una tendenza;
- non si rende conto che la totalità del mondo storico non è oggetto di esperienza;
- è solito accompagnarsi a forme di utopismo violento: secondo Popper, lo studio utopistico e rivoluzionario di una società perfetta tende a produrre fanatismo e violenza, cioè a generare dispotismo e sofferenze. Ciò accade per vari motivi.
Innanzitutto, l’utopista, intossicato dalla verità di cui si reputa portatore e missionario, avrà la tendenza a imporre agli altri, anche con la forza il suo progetto di società.
In secondo luogo, il politico-artista (Popper usa tale appellativo perché la mentalità rivoluzionaria nasce da un estetismo, un sogno utopistico di perfezione e armonia che non può fare a meno di generare violenza) sarà a impegnato a sradicare le istituzioni e le tradizioni esistenti: «Egli deve purificare, purgare, espellere, bandire, uccidere». Ad esempio, Lenin riteneva che il marxismo dovesse risolversi ad ogni costo e di fronte alle sofferenze provocate dalla rivoluzione era pronto a rispondere «non si può fare una frittata senza rompere le uova».
In terzo luogo, l’utopista sarà costretto a battersi contro tutte le altre utopie: non è possibile determinare i fini delle azioni politiche scientificamente o con metodi razionali, le differenze di opinioni circa le caratteristiche dello stato ideale non possono sempre essere appianate con il metodo dell’argomentazione.
Non può esservi tolleranza tra utopie diverse.