La badessa e le brache del prete è la seconda novella della nona giornata del Decameron di Giovanni Boccaccio; è narrata da Elissa, che sceglie di parlare delle astuzie amorose e di celebrare coloro che grazie all’ingegno sono riusciti a capovolgere una situazione sfavorevole a loro favore senza ripercussioni negative.
La badessa e le brache del prete riassunto
Una giovane monaca, Isabetta, ha l’abitudine di accogliere furtivamente durante la notte l’amante nella sua cella del monastero.
Una notte, le altre monache la scoprono e subito si affrettano a denunciare il fatto alla badessa Usimbarda. Quest’ultima è da tutti considerata una «santa e buona donna, dentro e fuori il monastero».
La badessa però si trova a sua volta col suo amante, un prete. Nella fretta di accorrere, al posto del velo, si mette in testa le mutande (le brache) dell’amante.
Le monache invocano un processo per punire Isabetta. La badessa si mette a rimproverare duramente la giovane monaca, accusandola di avere infangato il buon nome del monastero. La giovane se ne sta zitta, piena di vergogna, sentendosi colpevole. A un certo punto però la giovane, chiamata a rispondere delle sue malefatte, si accorge che la badessa non porta in testa il velo, ma le “brache del prete”.
Allora Isabetta dice con malizia alla badessa, che ancora non si è accorta di nulla, di “annodarsi la cuffia”.
Usimbarda finalmente si accorge di avere in testa le “brache” e, in mezzo all’imbarazzo generale, tramuta il castigo in un invito, per tutte le monache, a godersi i piaceri dell’amore, perché non è possibile resistere agli stimoli della carne.
Commento
In questa novella Boccaccio non vuole condannare comportamenti contrari all’etica religiosa, ma vuole riconoscere la forza degli istinti naturali ed esaltare la prontezza dell’ingegno con cui Isabetta sa uscire da una situazione molto imbarazzante.