La bottega del caffè Goldoni la scrisse nel 1750 e venne rappresentata per la prima volta quello stesso anno, a Mantova, il 2 maggio, riscuotendo un grande successo. Fu quindi portata a Venezia dove venne replicata per dodici volte.
La commedia La bottega del caffè è in tre atti ed è, tra le 16 commedie scritte nel 1750 da Carlo Goldoni per il Teatro Sant’Angelo di Venezia, una delle più importanti.
La storia è corale, risulta estremamente frammentata e ruota attorno a più protagonisti, alcuni dei quali – in primo luogo don Marzio – sono tali pur occupando la scena per una parte minore della commedia. L’azione scenica si sviluppa in un giorno (si apre al mattino e si chiude la sera); il luogo della scena non cambia mai: è una piazzetta nella città di Venezia. Nella stessa piazzetta vi sono tre botteghe: quella in mezzo è un caffè; quella a destra è occupata da un barbiere; l’altra a sinistra da una bisca (casa da gioco). Vi si affaccia anche l’appartamento della ballerina Lisaura.
La bottega del caffè Goldoni – i personaggi
La trama ruota attorno alla bottega del caffè di proprietà di Ridolfo, un piccolo borghese, uomo saggio, equilibrato e generoso, che rappresenta la rettitudine e il buon senso (tutti valori raccomandati dal Goldoni). Suo diretto antagonista è don Marzio, nobiluomo napoletano, orgoglioso dei suoi privilegi di casta, spiantato, pettegolo, indiscreto e instancabile seminatore di zizzania.
Animano la scena altri personaggi, protetti o vittime di questi due: Eugenio, ricco mercante di stoffe, dedito al vizio del gioco e donnaiolo impenitente; Vittoria, moglie di Eugenio, donna onesta e virtuosa, che tenta di riportare il marito sulla retta via.
Pandolfo, cinico, imbroglione, baro e usuraio, proprietario della bisca. La piazza è frequentata anche da Flaminio Ardenti che, sotto le mentite spoglie di conte Leandro, vive con le vincite al gioco e mantiene la giovane ballerina Lisaura, che lo crede scapolo e intenzionato a sposarla. Ma giunge a smascherarlo Placida, moglie legittima di Flaminio, da lui abbandonata a Torino, alla disperata ricerca del marito. Ci sono poi Trappola, garzone di Ridolfo; vari camerieri e garzoni di negozio.
La trama
Il primo cliente della giornata della bottega del caffè di Ridolfo è don Marzio, nobile napoletano, curioso e pettegolo. Nella bottega passano poi Pandolfo, il gestore della casa da gioco, e il giovane Eugenio, un ricco mercante di stoffe.
Preso dalla passione per il gioco d’azzardo, Eugenio trascura la moglie Vittoria ed è caduto vittima del baro Flaminio (il conte Leandro). Costui, sotto il nome di conte Leandro, corteggia la ballerina Lisaura, che piace anche a Eugenio. La vicenda amorosa è turbata dalle maldicenze e dalle bugie di don Marzio. Questi infatti insinua in Eugenio l’idea che Lisaura pratichi la prostituzione e che il conte Leandro sia il suo cliente privilegiato e induce il giovane a corteggiarla spudoratamente.
Don Marzio inoltre rivela a Vittoria che suo marito Eugenio ha cercato di vendere i suoi preziosi orecchini d’oro per pagare i debiti di gioco contratti con il conte Leandro. Vittoria allora minaccia il marito di lasciarlo e di riprendersi la sua dote. Don Marzio spinge il giovane Eugenio a festeggiare la ritrovata libertà organizzando un pranzo, al quale prendono parte anche Lisaura e il conte Leandro. Irrompe Placida che riconosce nel conte il proprio marito e ne smaschera così la vera identità.
A sua volta Lisaura chiarisce di non essere affatto una prostituta, ma di aver accettato la corte di Leandro perché le aveva promesso che l’avrebbe sposata. A quel punto, il conte Leandro (Flaminio), lasciato da Lisaura, cerca di uccidere la moglie, mentre Vittoria lascia Eugenio.
Don Marzio cerca di convincere Eugenio e Flaminio che essere stati lasciati dalle loro mogli è la cosa migliore che potesse capitare a entrambi. Intanto Pandolfo, il proprietario della bisca, viene arrestato perché don Marzio aveva involontariamente rivelato al capitano dei gendarmi i trucchi con cui l’uomo inganna i giocatori.
Il lieto fine è propiziato dall’onesto e generoso Ridolfo, che riesce a far vendere a buon prezzo le stoffe di Eugenio, salvandolo così dalla rovina economica e consiglia al giovane di riconciliarsi con la moglie Vittoria. Anche Flaminio finisce per ravvedersi e pentito viene perdonato dalla moglie. Chi si trova ingannata e sola è la ballerina Lisaura, alla quale il falso conte aveva fatto promesse di matrimonio. Finisce male il maldicente don Marzio, che viene svergognato pubblicamente.