Cos’è la clonazione, differenza tra riproduttiva e terapeutica, come avvengono, le questioni di carattere etico e ideologico (i pro e i contro).
Cos’è la clonazione?
La parola “clone” deriva dal greco klon, che significa “germoglio” o “ramoscello”. Quindi in biologia per clonazione s’intende la possibilità di “duplicare” il patrimonio genetico di un qualsiasi essere vivente. Così ad esempio si possono duplicare virus, batteri, molecole, organismi e anche piante o animali.
In agricoltura si fa ampio ricorso alle tecniche di clonazione. Ad esempio, sono usate per riprodurre una pianta con caratteristiche di particolare interesse, come la capacità di resistere a un agente patogeno. Molte persone senza saperlo ottengono cloni vegetali quando riproducono una pianta mediante talea, ovvero a partire da frammenti di fusti o foglie conficcati in terra.
Clonazione riproduttiva
Per clonare gli animali si può ricorrere alla tecnica del trasferimento (o trapianto) nucleare.
La tecnica del trasferimento nucleare è stata sperimentata per la prima volta negli anni Cinquanta del Novecento sulle cellule di embrioni di rana. Consiste nel sostituire il nucleo di una cellula uovo o di uno zigote con quello di una cellula somatica adulta. Successivamente si lascia che la cellula ricevente si divida. In circa 5 giorni, le ripetute divisioni cellulari portano alla formazione di una blastocisti, ovvero una piccola sfera di cellule che potrà essere utilizzata per diversi scopi, come indicato dallo schema:
Nella clonazione dei mammiferi, lo sviluppo ulteriore dell’individuo richiede l’impianto delle blastocisti nell’utero di una “madre sostituta” (in alto nella figura). L’animale che nascerà risulterà geneticamente identico al donatore del nucleo, sarà cioè un suo clone.
Il tipo di clonazione che porta alla nascita di un nuovo individuo è detto clonazione riproduttiva. Nel 1997, lo scienziato scozzese Ian Wilmut e colleghi annunciarono la nascita del primo mammifero clonato utilizzando questa tecnica, la famosa pecora Dolly, ottenuta dal nucleo cellulare di una ghiandola mammaria di pecora adulta.
Clonazione umana
Si può applicare la clonazione riproduttiva anche agli esseri umani? La risposta è “sì”. La clonazione umana è tecnicamente possibile. C’è chi vorrebbe utilizzarla, infatti, per consentire a genitori sterili o portatori di malattie genetiche ereditarie di concepire figli con parte del proprio DNA.
La clonazione umana non è legalmente consentita in alcuno Stato perché tanti sono gli ostacoli etici e pratici. La vita si diffonde e si evolve proprio grazie alla “diversità”, che con la clonazione verrebbe turbata. Inoltre, dove finirebbe l’unicità dell’individuo? Ottenere tanti uomini replicati cambierebbe del tutto i valori su cui si fonda la nostra società. Non si deve poi trascurare il fatto che sono sempre possibili errori di laboratorio che potrebbero portare all’insorgere di alcuni danni irreversibili sulla natura umana.
Tuttavia, la clonazione secondo alcuni apre la strada al miglioramento dell’uomo. Ma “chi” stabilisce gli standard per dire quale tipo di uomo è migliore? “Chi” stabilisce la giusta statura (elevatezza morale, altezza di ingegno) della natura umana? Pertanto, nascono ragionevoli dubbi etici per almeno quattro ragioni: 1) il concetto di miglioramento è materia di giudizio soggettivo; 2) il miglioramento non terapeutico apre la strada alla costruzione dell’uomo perfetto; 3) la costruzione di uomini migliori di altri infrange il principio di uguaglianza fra gli esseri umani; 4) non sono controllabili i rischi per le future generazioni.
Clonazione terapeutica
Quando parliamo di clonazione umana bisogna però distinguere la clonazione riproduttiva da quella terapeutica.
Nella clonazione terapeutica (in alto nella figura), dalle blastocisti sono prelevate cellule staminali embrionali poi coltivate in vitro, per costruire tessuti e organi da utilizzare per curare patologie umane che richiedono trapianti, ma anche per curare i danni inflitti dall’ictus, dal morbo di Parkinson, dall’Alzheimer, e da altre malattie oggi incurabili.
Il problema etico legato alla clonazione terapeutica ruota attorno alla provenienza delle cellule staminali. Esse possono essere ricavate in un organismo già formato, dal midollo spinale di un individuo adulto o dalla placenta e dal cordone ombelicale dei neonati. Il loro utilizzo in questo caso è lecito, perché non si procura danno ai donatori.
Viceversa possono essere ottenute anche dalla produzione di embrioni come fonte di materiale biologico: questo è considerato eticamente scorretto, perché va contro il valore della vita, in quanto provoca la morte dell’embrione.
La clonazione terapeutica è permessa, ad esempio, in Gran Bretagna, dove fin dal 1990 tale pratica è consentita agli enti che abbiano ottenuto un’apposita licenza da parte del governo. In Italia, invece, la normativa vieta qualsiasi forma di clonazione umana, anche a scopo terapeutico.