La Guerra d’Etiopia inizia il 3 ottobre 1935, allorché Mussolini ignorando le proteste della Francia e dell’Inghilterra ordina l’invasione dell’Etiopia. La guerra termina nel maggio 1936 sotto il comando del generale Pietro Badoglio.
Guerra d’Etiopia – cause
Alla fine degli anni Venti del Novecento, Benito Mussolini comincia a registrare un calo del consenso nei confronti del regime fascista e della sua incapacità di risolvere i problemi economici e sociali del paese.
Il duce ritiene allora giunto il momento di tornare alla vocazione originaria del fascismo: la guerra e la creazione di un impero coloniale.
Mussolini comincia così a rivendicare nei suoi discorsi l’egemonia italiana sul Mediterraneo e a definirlo romanamente Mare nostrum; intanto, prepara l’aggressione all’Impero etiopico.
I governi francese e inglese non possono però accettare – anche per la pressione dell’opinione pubblica – che uno Stato indipendente, per giunta membro della Società delle Nazioni, sia cancellato dalla carta geografica da un atto di aggressione.
Così, quando il 3 ottobre 1935 l’Italia dà inizio all’invasione dell’Etiopia, la Società delle Nazioni condanna l’Italia come “paese aggressore” e impone le sanzioni economiche. Queste consistono nel divieto di esportare in Italia merci necessarie all’industria di guerra.
Le sanzioni hanno però un’efficacia molto limitata: sia perché il blocco non è esteso alle materie prime sia perché non impegna gli Stati che non fanno parte della Società delle Nazioni, come gli Stati Uniti e la Germania.
In compenso, esse permettono a Mussolini di coalizzare il popolo contro quelle che sono chiamate le “inique sanzioni” e di varare una rumorosa campagna di orgoglio patriottico e di spirito militaresco. In definitiva, afferma Mussolini, si vuole impedire all’Italia di conquistarsi un proprio «posto al sole».
Mussolini riesce in questo modo a far breccia nell’opinione pubblica italiana:
- alle classi popolari si fa intravedere il miraggio di nuovi posti di lavoro e di nuove opportunità di ricchezza da conquistare oltremare;
- le piazze si riempiono di folle inneggianti a Mussolini e alla guerra;
- milioni di coppie, a cominciare da quella reale, accolgono l’invito del governo a donare alla patria l’oro delle loro fedi nuziali per fronteggiare l’assedio economico;
- più tardi i padroni di cancellate le consegnano allo Stato perché possa utilizzare il ferro per costruire armi.
Conseguenze della guerra in Etiopia
Sul piano militare la guerra d’Etiopia è più difficile del previsto. Gli etiopici infatti si battono con accanimento per più di sette mesi sotto la guida del negus (re) Hailé Selassié. Ma il loro esercito, male organizzato ed equipaggiato, nulla può contro un corpo di spedizione che giunge a impegnare circa 400.000 uomini e fa ampio ricorso ai mezzi corazzati e all’aviazione, a gas asfissianti e lanciafiamme.
Il 5 maggio 1936, le truppe italiane comandate dal maresciallo Pietro Badoglio, entrano così in Addis Abeba. Quattro giorni dopo, il 9 maggio, Mussolini annuncia alle folle plaudenti la vittoria; il re d’Italia Vittorio Emanuele III assume il titolo di Imperatore d’Etiopia; Mussolini quello di Fondatore dell’Impero; a Badoglio è concesso il titolo di Duca di Addis Abeba.
Dal punto di vista economico la conquista italiana dell’Etiopia non rappresenta un successo perché il paese è povero di risorse naturali e poco adatto agli insediamenti agricoli.
Sul piano politico invece il successo è clamoroso e indiscutibile. Portando infatti a termine una campagna coloniale vittoriosa, imponendo la propria volontà alle democrazie occidentali e costringendole poi ad accettare il fatto compiuto (le sanzioni saranno ritirate nell’estate 1936), Mussolini dà a molti la sensazione, illusoria, di aver conquistato per l’Italia una posizione di grande potenza.
In quel periodo Mussolini tocca l’apice della sua popolarità; contemporaneamente inizia il percorso che lo porterà alla rovina. Si allea infatti con la Germania nazista, firmando il 25 ottobre 1936 un patto di amicizia chiamato Asse Roma-Berlino.