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La figura dell’inetto nella letteratura europea

La figura dell’inetto nella letteratura europea ebbe grande fortuna a partire dalla metà dell’Ottocento fino poi al Novecento. In Italia, l’inetto è la figura chiave nella produzione narrativa di Luigi Pirandello (1867-1936) e Italo Svevo (1861-1928).

Chi è l’inetto in letteratura?

Si tratta di un antieroe, caratterizzato da un profondo senso di inadeguatezza, incapace di realizzare se stesso, ma anche di scegliere e di rapportarsi serenamente con le altre persone, che vede come responsabili del proprio insuccesso.

Personaggi inetti in letteratura

Se ne trova una rappresentazione esemplare in uno dei capolavori della letteratura russa, il romanzo Oblomov (1859), di Ivan A. Goncarov: il protagonista che dà il titolo al romanzo trascorre le giornate nell’ozio. Lo scrittore francese Gustave Flaubert, invece, nel romanzo L’educazione sentimentale (1869) racconta le vicende del giovane Frédéric Moreau e del suo irrimediabile arrendersi alla vita. Un’altra celebre figura di inetto è quella descritta dal tedesco Robert Musil nel romanzo incompiuto L’uomo senza qualità (1930-1942).

I due principali esponenti della letteratura italiana che hanno trattato della figura dell’inetto all’interno dei loro romanzi sono Italo Svevo (1861-1928) e Luigi Pirandello (1867-1936).

L’inetto di Svevo

L’inetto è la figura letteraria introdotta da Italo Svevo nei suoi tre romanzi: è Alfonso Nitti in Una vita; è Emilio Brentani in Senilità; è Zeno Cosini ne La coscienza di Zeno.

La figura dell’inetto nella letteratura secondo Svevo

Alfonso Nitti, protagonista di Una vita (1892), è un giovane e romantico provinciale con ambizioni letterarie, costretto, dopo la morte del padre, a lavorare come impiegato di banca. Tenta una scalata sociale intrecciando una relazione con Annetta, la figlia del proprio datore di lavoro ma, preso da un’inspiegabile paura, torna in licenza al paese dalla madre morente. Poi, quando decide di rientrare in città, l’Annetta è ormai fidanzata al cugino Macario, e Alfonso, che ha ripreso ad andare in banca, è trasferito a un’occupazione assai minore. Solo allora il Nitti comprende quello che ha perduto e, dopo qualche giorno, rincasando, accende un braciere nella sua stanza, e con lucida freddezza si addormenta nella morte.

Anche Emilio Brentani, protagonista di Senilità (1898), è un «inetto» che ha paura di affrontare la vita e per questo si è costruito un guscio protettivo fatto di rinunce. Egli, dopo essersi distinto in gioventù come autore di un romanzo, non ha più scritto nulla e vive un’esistenza grigia, lavorando come impiegato presso una compagnia di assicurazioni. L’insoddisfazione lo spinge a cercare un’avventura con Angiolina, di cui poi s’innamora trasfigurandola in una creatura angelica. La morte della sorella Amalia, che lo accudiva come una madre, e la delusione per la scoperta che Angiolina lo tradisce, spingono Emilio a chiudersi nuovamente in se stesso, rassegnandosi a un’esistenza “senile” e priva di emozioni.

Pure Zeno Cosini protagonista del terzo romanzo, La coscienza di Zeno (1923), è un «inetto», rampollo inconcludente e immaturo di una ricca famiglia borghese, incapace di integrarsi in quel sistema di vita borghese «sano» e normale cui sembra aspirare con tutte le sue forze.

L’inetto di Pirandello

Come i personaggi di Svevo, anche Mattia Pascal di Luigi Pirandello è un “inetto” incapace di adattarsi alla vita e dalla quale sogna un’evasione impossibile. Finisce poi con il guardarsi vivere e con l’adeguarsi ad accettare l’estraneità nei confronti della vita e di se stesso. Per un approfondimento leggi Il fu Mattia Pascal riassunto e analisi.

 

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