La giacca stregata, racconto di Dino Buzzati, riassunto, analisi e commento.
Il racconto La giacca stregata di Dino Buzzati fa parte della raccolta La boutique del mistero pubblicata nel 1968.
Durante un ricevimento in una casa di Milano, il protagonista conosce un uomo vestito con raffinata eleganza. Gli chiede pertanto il nome e l’indirizzo del suo sarto per farsi confezionare un abito su misura e, venti giorni dopo, l’abito è pronto: un capolavoro. Si tratta però di un abito «stregato». Infatti tutte le volte che il protagonista infila la mano nella tasca della giacca, vi trova un biglietto da diecimila lire.
Dapprima, attratto dai «divini soldi», accumula una grande quantità di denaro, ma successivamente quando si rende conto che i soldi procurati dalla giacca provengono dal crimine, dalla disperazione, dalla morte altrui, decide di sbarazzarsene. La cosparge di petrolio e la brucia. Ma è «troppo tardi», il protagonista è convinto che un giorno il «sarto della malora« verrà a bussare alla sua porta per chiedergli «l’ultima resa dei conti».
Ambientata in luoghi chiusi e aperti, la vicenda si svolge in un arco temporale abbastanza breve secondo un ordine logico-cronologico. Specifiche scelte di linguaggio (frasi per lo più brevi; uso del monologo interiore) concorrono a determinare un’atmosfera molto inquietante e a sottolineare gli stati d’animo del protagonista che coincide con il narratore e racconta in prima persona.
L’autore in questo suo racconto fantastico, dove si insinua gradualmente il soprannaturale, affronta il tema della lotta tra la ragione e la coscienza e il prevalere di quest’ultima che si concretizza nella decisione di bruciare la giacca stregata.
L’intenzione comunicativa dell’autore è quella di far capire al lettore l’importanza di una vita onesta e che non dobbiamo lasciarci tentare da «facili guadagni», dal potere maligno del denaro, che riescono a comprarsi l’anima, la coscienza degli uomini.
Guai dunque a lasciarsi tentare dal miraggio di una vita di lussi sfrenati. C’è sempre il pericolo che un giorno il «sarto della malora» bussi alla nostra porta per chiederci «l’ultima resa dei conti».