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La luna e i falò riassunto e analisi

La luna e i falò, scritto tra il novembre e il settembre 1949, è l’ultimo romanzo di Cesare Pavese, pubblicato da Einaudi nel 1950, pochi mesi prima del suicidio del suo autore.

La luna e i falò riassunto

Il narratore è lo stesso protagonista del romanzo, soprannominato Anguilla, tornato dall’America al suo paese nelle Langhe, in Piemonte, nell’immediato secondo dopoguerra.

Anguilla si descrive come un uomo «grand’e grosso» il quale, da poveraccio che era, ha fatto fortuna oltre oceano ed è tornato pieno di quattrini nelle Langhe, al paese in cui è cresciuto. Trova che tutto è cambiato – la gente, le case, perfino gli alberi – anche se tutto sembra uguale a com’era.

Conversando con Nuto, l’amico d’infanzia ritrovato, il protagonista ricorda il passato. Anguilla non sa chi sono i suoi genitori; fu abbandonato e accolto nell’ospedale di Alessandria. Una famiglia di poveri contadini, formata da Padrino, Virgilia e le loro due figlie, lo prese con sé perché il governo pagava cinque lire al mese per l’adozione e, una volta divenuto grande, sarebbe stato di aiuto nella loro cascina della Gaminella.

In seguito, però, Virginia muore, la cascina venduta e Padrino era andato a lavorare come bracciante, mentre Anguilla era stato messo a servizio alla Mora, una grossa tenuta del signor Matteo.

Al momento del servizio militare, Anguilla era stato mandato a Genova, dove aveva studiato alle scuole serali; quindi si era imbarcato per l’America. Nuto, che è invece rimasto legato alle sue radici, è diventato un bravo falegname e un buon padre di famiglia. Accompagna Anguilla nei luoghi cari, raccontandogli la storia di quelli che ha conosciuto.

E così Anguilla viene a sapere che tutti i membri della sua famiglia adottiva sono morti; alla Gaminella ora abita il Valino, un mezzadro che la miseria ha reso violento, con la cognata, la suocera e un figlio adottivo storpio, Cinto, nel quale Anguilla rivede se stesso bambino.

Quanto alle ragazze della Mora, la prima, Irene, era morta di tifo; Silvia aveva sposato un fannullone dedito al gioco ed era morta per un aborto; sulla più piccola, Santa, Nuto si mostra reticente.

Anguilla, rivedendo i luoghi a cui è legato, è tentato di acquistare un podere e di stabilirsi lì, quando scoppia una tragedia: Valino, impazzito, uccide la cognata e la suocera, minaccia anche Cinto che però riesce a fuggire, poi incendia la Gaminella e s’impicca.

Nuto gli rivela solo allora la fine di Santa. Questa, avendo fatto il doppio gioco come spia dei fascisti e dei partigiani, era stata fucilata da quest’ultimi e poi bruciata.

Anguilla, resosi conto che solo i luoghi sono rimasti identici, non le persone e le situazioni, decide di andar via dal paese; affida allora Cinto all’amico Nuto e riparte.

Cesare Pavese La luna e i falò analisi

L’ultima opera di Cesare Pavese La luna e i falò, riassorbe e rielabora tutte le precedenti esperienze letterarie e umane dell’autore, in una sintesi che coinvolge tutti i simboli e i temi pavesiani: l’esilio e l’impossibilità del ritorno; l’infanzia e la maturità; il mito e la storia; la morte e il tempo.

Nel romanzo si intravedono una serie di motivi di origine neorealistica (la guerra partigiana, la rappresentazione della vita nelle Langhe) espressi però con una sensibilità di tipo decadente (la tematica del mito, il motivo della solitudine e dell’esclusione, la presenza dell’elemento esistenziale).

Il titolo La luna e i falò richiama le credenze della popolazione contadina che crede che il risultato positivo o negativo del raccolto sia determinato dalla posizione della luna e dai falò.

Lo scrittore con grande perizia alterna il dialogo e il monologo, l’evocazione memoriale – che si avvale della tecnica del flash-back – e la lettura simbolica del reale.

Lo stile è semplice e scarno, privo di fronzoli.

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