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La maga Alcina – Canto 7 Orlando Furioso

Riassunto e analisi Canto 7 (VII) Orlando Furioso: La maga Alcina

La maga Alcina: il riassunto

Dopo che Bradamante ha liberato Ruggiero dal castello in cui il mago Atlante lo teneva prigioniero, il cavaliere viene preso dal desiderio di provare il cavallo alato, l’ippogrifo. Il cavallo si alza in volo improvvisamente e porta via il guerriero.

È questo un nuovo inganno di Atlante per sottrarre Ruggiero alla sua sorte, ovvero la morte prematura destinatagli se si farà cristiano e sposerà Bradamante.

L’ippogrifo infatti lo porta in un’isola meravigliosa dove abita la maga Alcina. Scende in un boschetto ombroso dove Ruggiero trova un gradito ristoro. L’ippogrifo che era stato legato a un albero lo scuote e ne fa cadere alcune foglie. Allora dall’albero esce una voce per lamentarsi e per dire che sotto quelle spoglie si trova un paladino, Astolfo, cugino di Orlando e di Rinaldo.

Astolfo narra a Ruggiero come, ingannato dalla bellezza di Alcina, fosse diventato il suo amante e come, non appena la maga si era stancata di lui, fosse stato trasformato in un mirto.

Ruggiero allora decide di raggiungere l’altra parte dell’isola dove regna la maga virtuosa Logistilla. Viene però ostacolato da una schiera di mostri.

Mentre egli combatte giunge un gruppo di donzelle che lo pregano di liberare la regione da una mostruosa femmina, Erifilla. Ruggiero accetta, uccide Erifilla e le donzelle lo conducono nella reggia di Alcina.

La maga Alcina conquista Ruggiero con la sua bellezza e le sue arti e lo tiene con sé in continui piaceri e divertimenti.

Interviene la maga Melissa su sollecitazione di Bradamante e libera il guerriero dagli incantesimi di Alcina. Melissa ridà anche la forma primitiva a tutti coloro che la maga Alcina aveva trasformato in piante e animali. Così anche Astolfo può partire.

La maga Alcina: l’analisi

Il tema è antico. Dietro Alcina si riconosce Circe, la maga dell’Odissea che trasforma in animali quanti approdano sulla sua isola.

Esiste, in realtà, una lunga tradizione di romanzi arturiani, in cui belle fate ingannano cavalieri con le loro lusinghe. Ariosto ne è ben consapevole.

Lo dimostra per esempio nel momento in cui Astolfo, trasformato in mirto, narra a Ruggiero la propria vicenda. Nel III libro dell’Eneide, a essere mutato in pianta è Polidoro; Pier delle Vigne nel XIII canto dell’Inferno; nel V libro del Filocolo di Boccaccio, un amante sventurato, Idalagos.

Sono tutti episodi patetici. Ariosto, invece, ripensa a quei modelli con una punta di ironia. Il racconto di Astolfo è un esempio dell’irrazionalità della passione amorosa e sensuale, svolto in tono disincantato e sorridente.

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