La persecuzione degli ebrei in Italia iniziò nel 1938, anno di promulgazione delle leggi razziali.
Nell’agosto 1938 un gruppo di intellettuali fascisti sottoscrisse il Manifesto della razza in cui si affermava tra l’altro: «Gli ebrei non appartengono alla razza italiana».
Da quel momento fu un susseguirsi di leggi e provvedimenti assai minuziosi che imponevano alla popolazione ebraica ostacoli e divieti:
- insegnanti e studenti ebrei dovevano abbandonare tutte le scuole e università statali;
- gli ebrei non potevano inoltre prestare servizio militare, possedere fabbriche o terreni oltre un certo valore; non potevano avere impieghi in uffici pubblici, né svolgere alcune attività commerciale. Era addirittura proibito il possesso di libri e apparecchi radio;
- si esclusero dalle mostre pittori e scultori ebrei; le case editrici cessarono di pubblicare opere di autori ebrei; la stampa periodica ebraica fu cancellata;
- si vietò inoltre agli ebrei di aderire ad associazioni culturali e ricreative; di partecipare a competizioni sportive e di entrare nelle biblioteche.
Nell’autunno del 1938 si procedette al censimento della popolazione ebraica. Si accertò così che in Italia vivevano circa 58 mila ebrei. Negli anni successivi questi dati furono continuamente aggiornati e poi utilizzati dopo il 1943 dalle SS per organizzare la deportazione e lo sterminio.
Di fronte al dramma della persecuzione, tra la fine del 1938 e lo scoppio della seconda guerra mondiale, molti ebrei lasciarono l’Italia per rifugiarsi in Palestina, America Latina, Australia e America del Nord; e, in Europa, Inghilterra e Francia.
Stando ai dati registrati dalle Comunità ebraiche, tra il 1938 e il 1941, dall’Italia emigrarono circa 6000 ebrei, di cui la metà italiani.
La persecuzione degli ebrei in Italia dopo la caduta del fascismo
Dopo la caduta del fascismo, il governo Badoglio non revocò le leggi antiebraiche anzi, si aprì da quel momento il periodo più buio per gli ebrei.
Si salvarono coloro che si trovavano nelle regioni dell’Italia meridionale liberate dagli anglo-americani, mentre la persecuzione infuriò nelle regioni dell’Italia centro-settentrionale sottoposte all’occupazione tedesca e al regime della repubblica di Salò.
I rastrellamenti
I nazisti iniziarono i rastrellamenti subito dopo l’8 settembre 1943. La prima vera e propria retata fu attuata il 16 ottobre 1943 nel ghetto di Roma: furono catturati più di 1000 ebrei.
Come reagirono gli italiani di fronte alla persecuzione degli ebrei
Non vi fu una decisa opposizione per vari motivi: per paura, per pigrizia, per interesse personale, o perché era difficile sottrarsi alla martellante campagna antiebraica del regime.
Non mancarono, tuttavia, esempi di solidarietà. Ci fu infatti chi ospitò e nascose intere famiglie di ebrei, mettendo a rischio la propria vita. Anche la Chiesa cattolica si mobilitò e numerosi ebrei trovarono rifugio e salvezza nei monasteri, nelle parrocchie e in altre strutture ecclesiastiche.
I campi di concentramento in Italia
Il 30 novembre 1943 un ordine di polizia decretò che gli ebrei dovevano essere arrestati. Dopo un periodo di detenzione in carcere erano trasferiti nei campi di transito, e di là deportati nei campi di concentramento nazisti.
In Italia i campi più importanti erano due: quello di Fossoli, nel comune di Carpi (presso Modena), e quello di Trieste, detto della «Risiera di San Sabba».
I fascisti realizzarono il campo di concentramento di Fossoli nel 1942 per rinchiudervi i prigionieri di guerra inglesi. Nel 1943 la repubblica di Salò lo utilizzò per l’internamento degli ebrei; l’anno dopo il campo passò sotto la gestione diretta delle SS.
Nel 1944 da Fossoli partirono otto convogli ferroviari, 5 dei quali ebbero come destinazione il campo di concentramento di Auschwitz. I deportati furono circa 5000, di cui la metà ebrei. Gli altri erano partigiani, oppositori politici, renitenti alla leva.
Nel campo noto come «Risiera di San Sabba», dopo l’8 settembre, i tedeschi trasformarono in lager un complesso di magazzini di riso, risalenti ai tempi dell’impero austro-ungarico. Questi edifici si trovavano nel rione di San Sabba, da cui presero il nome.
La Risiera di San Sabba era un vero e proprio campo di sterminio. C’erano infatti rudimentali camere a gas e un forno crematorio ricavato da un preesistente essiccatoio. Qui furono uccise, secondo stime attendibili, dalle 3 alle 4 mila persone.
Tra il 1943 e il 1945 in Italia operarono altri due campi: quello di Borgo San Dalmazzo, in provincia di Cuneo, e quello di Bolzano. Nel campo di Borgo San Dalmazzo furono rinchiusi, solo nel mese di novembre 1943, 500 ebrei piemontesi, più di 300 dei quali furono poi trasferiti ad Auschwitz. Nel campo di Bolzano si calcola che siano passati più di 20 mila prigionieri (ebrei, zingari, prigionieri politici).