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Battaglia di Filippi: sconfitti gli assassini di Cesare

Nella Battaglia di Filippi, nel 42 a.C., furono sconfitti gli assassini di Cesare. Riassunto di Storia

Battaglia di Filippi contesto storico

Alle Idi di marzo del 44 a.C., Giulio Cesare cadde trafitto dai pugnali dei congiurati mentre entrava in senato.

I filocesariani, molto numerosi fra la plebe, inscenarono proteste così violente da costringere i principali protagonisti della congiura – Marco Giunio Bruto (85-42 a.C.) e Cassio Longino (87-42 a.C.) – a rifugiarsi in Oriente (Grecia e Siria).

Contemporaneamente tutti i provvedimenti presi da Cesare vennero confermati; si organizzarono solenni funerali di Stato e si decise la divinizzazione del dittatore scomparso. Era il tentativo di trovare un compromesso fra i seguaci di Cesare e i suoi oppositori, al fine di evitare un nuovo scontro civile.

In questa situazione di incertezza e di vuoto di potere, emersero due nuove figure: Marco Antonio (83-30 a.C.) e Ottaviano (63 a.C.-14 d.C.).

Marco Antonio e Ottaviano

Marco Antonio era stato luogotenente di Cesare in Gallia e nel 44 a.C. ricopriva la carica di console. Morto Cesare cercò di ricoprire il ruolo di erede politico, ma trovò subito un pericoloso concorrente nel diciannovenne Ottaviano, nipote di Cesare. Cesare lo aveva adottato come figlio nel 45 a.C. designandolo erede della sua immensa ricchezza.

Mentre Cesare cadeva sotto i pugnali dei congiurati, Ottaviano si trovava in Macedonia dove attendeva il padre adottivo per partecipare alla campagna contro i Parti. Alla notizia della congiura si precipitò a Roma per far valere i propri diritti di erede e reclamare il patrimonio che il dittatore gli aveva lasciato. Marco Antonio lo trattò con una sufficienza che sfiorò il disprezzo. Ottaviano non si fece trascinare dal risentimento e agì con grande cautela.

Ottaviano sfruttò abilmente il ricordo di Cesare per legare alla propria persona i veterani del condottiero scomparso, timorosi di non ottenere le terre che erano state loro assegnate. Egli screditava inoltre presso questi soldati e il popolo di Roma la figura di Marco Antonio. Gli rimproverava il comportamento conciliante adottato nei confronti degli assassini di Cesare e dei loro amici. Parallelamente manteneva contatti con Cicerone. Il grande oratore, ritenendo il figlio di Cesare meno pericoloso dei cesariani, non gli faceva mancare il suo appoggio. Così il prestigio e la forza di Ottaviano crescevano di giorno in giorno.

La battaglia di Modena

Un dissidio tra Marco Antonio e uno dei congiurati, Decimo Bruto (era stato assieme a Giunio Bruto e Cassio Longino tra i congiurati che assassinarono Cesare), portò Marco Antonio a prendere le armi e ad assediare il rivale nella città di Modena (all’epoca Mutina). Il senato gli inviò contro gli eserciti consolari e lo stesso Ottaviano, al comando di un esercito da lui reclutato. Nella battaglia di Modena (43 a.C.) Marco Antonio fu sconfitto, ma le sue perdite furono lievi; egli riuscì a raggiungere la Gallia Transalpina e a unire le sue forze a quelle di un altro fedele ufficiale di Cesare, Lepido.

Invece di inseguire Marco Antonio, Ottaviano si diresse rapidamente su Roma: sotto la pressione delle armi, e con un vero e proprio colpo di stato, si fece eleggere console per l’anno 43 a.C.
Ottaviano, Antonio e Lepido avevano reclutato gran parte dei loro eserciti tra soldati che avevano già militato con Cesare e che di conseguenza avrebbero molto mal volentieri preso le armi gli uni contro gli altri. Anche per questo motivo Ottaviano, Marco Antonio e Lepido pervennero nel 43 a.C. a un accordo che prese il nome di secondo triumvirato.

Ottaviano, Marco Antonio e Lepido danno vita al secondo triumvirato

Nel 43 a.C, Marco Antonio, Ottaviano e Lepido si incontrarono presso l’allora colonia romana di Bononia, l’odierna Bologna, e diedero vita al Secondo triumvirato.

Il Primo triumvirato del 60 a.C aveva unito Cesare, Pompeo e Crasso; era stato un accordo privato, sottoscritto dai contraenti per raggiungere alcuni obiettivi politici.

Il Secondo triumvirato fu invece una vera e propria magistratura, di durata quinquennale, approvata da una legge, la Lex Titia del 27 novembre del 43 a.C. L’approvazione della Lex Titia segnò la fine formale della Repubblica romana.

Le liste di proscrizione

Gli uccisori di Cesare e i loro complici furono dichiarati nemici pubblici e per colpirli furono pubblicate le liste di proscrizione, sull’esempio di quelle inventate da Silla.

Fu un nuovo bagno di sangue: furono eliminati 300 senatori e 2000 cavalieri. Le loro teste e le loro mani furono inchiodate sui Rostri nel foro (i rostri erano le tribune degli oratori, così chiamate perché erano ornate dai rostri sottratti alle navi nemiche). Per chi portava le teste era previsto un compenso in denaro, con l’aggiunta della libertà e della cittadinanza nel caso si trattasse di schiavi.

La vittima più illustre fu Cicerone, colpevole di aver pronunciato in senato contro Marco Antonio una serie di veementi orazioni – dette Filippiche per analogia con quelle pronunciate dall’ateniese Demostene contro Filippo di Macedonia – in cui lo additava come il più pericoloso nemico della repubblica e come un avventuriero senza scrupoli.

La battaglia di Filippi

Di fronte ai tre nuovi dominatori di Roma: Marco Antonio, Ottaviano e Lepido, rimaneva solo l’opposizione dei cesaricidi Cassio Longino e Giunio Bruto.

Costoro avevano raccolto in Macedonia 19 legioni (circa 80 mila uomini) ed erano pronti a passare in Italia. Presso di loro, inoltre, si erano rifugiati molti nobili, per scampare alla violenza dei triumviri.

Marco Antonio e Ottaviano presero l’iniziativa e sbarcarono in Grecia con altrettante legioni.

Lo scontro avvenne in due giornate: il 3 e il 23 ottobre del 42 a.C. a Filippi.

Cassio fu sconfitto a Filippi il 3 ottobre del 42 a.C. Pensando che anche Bruto fosse stato sconfitto diede ordine al suo schiavo Pindarus di ucciderlo, usando lo stesso pugnale con cui aveva pugnalato Cesare.

Seguirono tre settimane di stasi, alla fine delle quali Bruto cedette alle pressioni dei suoi soldati e tentò nuovamente la sorte in battaglia.

La seconda battaglia di Filippi si svolse il 23 ottobre del 43 a.C. e si concluse con una clamorosa disfatta. Aiutato dal suo amico Stratone, che tenne ferma la spada, Bruto si suicidò.

Al termine della battaglia di Filippi, i triumviri erano completamente padroni della repubblica. Lepido, che era il meno autorevole dei tre, fu ben presto emarginato. Gli venne lasciata unicamente la carica di pontefice massimo. Marco Antonio invece si attribuì l’Oriente (dove si legò a Cleopatra, regina d’Egitto) e Ottaviano l’Occidente. I due finirono in seguito per scontrarsi nella battaglia di Azio nel 31 a.C.

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