Nel suo secondo romanzo La tregua Primo Levi racconta il lungo viaggio di ritorno da Auschwitz a Torino, durato nove mesi, dalla fine di gennaio 1945 all’ottobre dello stesso anno.
Continuazione di Se questo è un uomo, dove Primo Levi racconta la sua esperienza nel campo di concentramento di Auschwitz, La tregua è stata composta in parte nel 1947-1948 e in parte nel 1961-1962, e pubblicato nel 1963 da Einaudi.
La tregua vinse nel 1963 la prima edizione del premio Campiello. Dal libro è stato tratto nel 1997 un film per la regia di Francesco Rosi, protagonista John Turturro.
Per comprendere il romanzo bisogna chiarire una questione fondamentale: si tratta di una testimonianza, non di un’invenzione. Primo Levi è dunque l’autore che coincide con il narratore ed è, allo stesso tempo, uno dei personaggi reali della vicenda che racconta, in cui tutti i personaggi sono davvero esistiti e tutti i fatti davvero accaduti.
Il romanzo è composto da 17 capitoli ed è introdotto da una poesia, Alzarsi, scritta l’11 gennaio 1946, il giorno dopo di Shemà, che fa da introduzione a Se questo è un uomo.
Alzarsi – la poesia di Primo Levi che apre il romanzo La tregua
Sognavamo nelle notti feroci
Sogni densi e violenti
Sognati con anima e corpo:
Tornare; mangiare; raccontare.
Finché suonava breve e sommesso
Il comando dell’alba:
«Wstawac»;
E si spezzava in petto il cuore.
Ora abbiamo ritrovato la casa,
Il nostro ventre è sazio,
Abbiamo finito di raccontare.
È tempo. Presto udremo ancora
Il comando straniero:
«Wstawac».
La tregua Primo Levi – riassunto del libro
Il libro inizia con l’arrivo nel campo di Buna-Monowitz dei soldati dell’Armata Rossa, l’esercito sovietico, il 27 gennaio 1945 (oggi Giornata della Memoria).
Sotto un cielo cupo e desolato, Levi e un altro deportato, Charles, usciti dalle baracche per portare alla fossa comune un loro compagno morto, Somogyi, scorgono una pattuglia russa che avanza circospetta lungo la strada che costeggia la recinzione del campo di concentramento. Sono quattro giovani soldati a cavallo. I prigionieri si fermano a contemplare i soldati come inebediti e, al di là dei reticolati, gli stessi russi rimangono esitanti e indecisi.
Più tardi, diffusasi la notizia dell’arrivo dei russi, qualcuno muove incontro ai liberatori, qualcun altro cade in preghiera; comincia a farsi strada la certezza di una liberazione a cui ormai non si credeva più. Ma Levi afferma che la tragica esperienza della deportazione e l’orrore sofferto non potranno mai essere cancellati e i segni dell’offesa rimarranno per sempre nel loro animo.
I sopravvissuti vengono condotti al Campo Grande di Auschwitz, adibito a centro di raduno. Qui Levi si ammala e trascorre un po’ di tempo, durante il quale conosce alcuni bambini reduci dall’orrore dei campi. Fra questi il piccolo Hurbinek, nato e cresciuto nel lager, a cui nessuno ha mai insegnato a parlare.
Ristabilitosi, Levi comincia il viaggio di ritorno, surreale e rocambolesco, verso casa, attraverso l’Europa sconvolta dalla guerra, costellata di campi profughi: dalla Polonia del sud, dove si trova Auschwitz, in Ucraina e poi in Bielorussia; e poi dalla Romania all’Austria, attraverso Ungheria e Slovacchia; infine raggiunge Verona e da lì Torino, la sua città natale: è il 19 ottobre 1945.
Levi ritrova il letto della sua casa di Torino, ma il suo sogno ricorrente consiste nel trovarsi ancora ad Auschwitz. Nel sogno, Levi sente che il lager è la vera e unica realtà e attende da un momento all’altro la parola polacca che all’alba impartisce il comando della sveglia, Wstawac (“Alzarsi”).
Perché il titolo La tregua?
Il titolo fa riferimento al momento di “tregua” che Levi e molti dei sopravvissuti vivono nel periodo che va dalla liberazione dai campi di concentramento al ritorno alla normalità: la consapevolezza di vivere una “tregua” implica l’attesa dell’inferno che è sempre in agguato, e che sicuramente verrà se gli uomini e le donne dimenticheranno ciò che è stato.