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Le Ninfee di Monet: storia e descrizione

Le Ninfee di Monet sono una serie di dipinti a olio realizzati dall’artista tra il 1897 e il 1926, nella casa di Giverny, tra la Senna e l’Epte.

Giverny fu la dimora di Claude Monet a partire dal 1883. Dieci anni dopo fece costruire il famoso laghetto delle ninfee, deviando l’acqua dal fiume Epte.

Il motivo ispiratore è quello delle stampe giapponesi (molto diffuse in quegli anni a Parigi), che col tempo Monet ha imparato a conoscere e ad apprezzare, per l’importanza che esse attribuiscono ai colori e alla luce.

 

Le ninfee di Monet descrizione

Claude Monet Ninfee bianche, 1899

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Claude Monet, Ninfee bianche, 1899, olio su tela, Mosca, Museo Puskin

Dipinta nel 1899, questa è una delle prime tele della serie delle ninfee, che continua per tutta la vita. Esse sono la sua ultima grande fatica, data l’età e la grave malattia agli occhi, ma anche i suoi ultimi capolavori (tra il 1892 e il 1893 aveva realizzato la famosa serie de Le cattedrali di Rouen).

 

Claude Monet, Lo stagno delle ninfee

Le ninfee di Monet
Claude Monet, Lo stagno delle ninfee, particolare, 1908, Zurigo, collezione privata

In questo dipinto del 1908, realizzato sempre nella sua dimora a Giverny, le pennellate sono a tratti o filamentose e si sovrappongono; il colore è dato a strati, con i quali Monet riesce a suggerire gli effetti della luce e la mobilità dell’acqua.

Nel 1916 Claude Monet allestisce un atelier più spazioso e può lavorare con tele di dimensioni più grandi.

 

Claude Monet Ninfee, 1916

le ninfee di monet: storia e descrizione
Claude Monet, Ninfee, 1916, olio su tela, Parigi, Musée Marmottan

In questo dipinto del 1916, il punto di vista è più ravvicinato, così che non si vedono più il ponte giapponese, le sponde del laghetto, o altri elementi del paesaggio.

L’attenzione dell’artista e dello spettatore è completamente assorbita dal gioco di luci e di colori dei fiori e dell’acqua.

La composizione dà l’impressione di una distesa illimitata, in cui l’attenzione ai valori decorativi ha preso il sopravvento sulla necessità di aderire con fedeltà alla realtà. In una lettera Monet scrive: «Questi paesaggi d’acqua e di riflessi mi ossessionano. Tutto questo è al di là delle mie forze di vecchio, ma voglio rappresentare ciò che provo».

Nel 1922 Claude Monet è quasi cieco: durante una visita specialistica gli viene diagnosticato che l’occhio sinistro, il migliore dei due, ha una capacità visiva di appena un decimo del normale. Nonostante ciò si ostina a dipingere all’aperto, fino a settembre, quando è costretto a smettere; dopo pochi mesi accetta di sottoporsi a un intervento chirurgico all’occhio destro.

 

Claude Monet, Il ponte giapponese, 1922

Claude Monet, Il ponte giapponese, 1922, olio su tela, Parigi, Musée Marmottan

In questa tela del 1922, suo testamento spirituale, ricompare il ponte giapponese, con la sua semplice ed elegante forma ad arco, che sottolinea il legame con le stampe orientali.

La tavolozza di Monet si accresce di nuove tinte, forse alterate in seguito alla malattia agli occhi, forse volutamente esasperate per esprimere una più intensa carica vitale, vicina alle sperimentazioni dell’astrattismo informale.

Con la serie delle Ninfee Monet porta l’impressionismo al suo apice, ponendosi al tempo stesso come precursore dell’arte astratta di Kandinskij e delle successive avanguardie informali.

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