Le Rime di Dante sono una raccolta di poesie non organizzata dall’autore. Sono 54 testi di sicura attribuzione dantesca, cui si aggiungono 26 di incerta attribuzione e 26 di “corrispondenti” (fra i quali Guido Cavalcanti, Cecco Angiolieri e Cino da Pistoia).
Le Rime abbracciano un periodo che va dal 1283 al 1307. È possibile suddividerle in cinque gruppi, secondo criteri tematici, stilistici e cronologici:
- le rime stilnovistiche di argomento erotico composte negli anni della Vita Nuova;
- la “tenzone” con Forese Donati, comprendente tre sonetti di Dante e tre di Forese, appartenenti al genere “comico” e vigorosamente realistici;
- rime allegoriche e dottrinali sul genere delle tre canzoni commentate nel Convivio, dallo stile sublime, dotto ed elevato;
- rime “petrose” dedicate all’amore sensuale per donna Petra;
- rime dell’esilio di argomento vario con prevalenza di interessi civili.
Le Rime di Dante Alighieri: le rime stilnovistiche
Le rime stilnovistiche sono il gruppo più numeroso di componimenti. Risalgono all’incirca al periodo tra il 1283 e il 1293. Nelle rime stilnovistiche domina il tema amoroso secondo i modelli della poesia cortese e dei siculo-toscani e l’influenza soprattutto di autori quali Guinizzelli, Cavalcanti e Guittone.
L’amore è presentato come ammirazione disinteressata della donna e come bisogno di lodarla, ma sono presenti anche temi più dolorosi quali le pene d’amore. Ricorre anche la definizione di uno stile aristocratico e il ricorso a riferimenti culturali ai cicli arturiani dei romanzi francesi.
La maggior parte dei componimenti sono dedicati a Beatrice, ma sono presenti anche altri nomi femminili, Lisetta, Fioretta, Violetta, ma si tratta di nomi puramente convenzionali.
Le Rime di Dante Alighieri: la “tenzone” con Forese Donati
La “tenzone” (= la disputa poetica) con Forese Donati consta di sei sonetti – tre di Dante e tre di Forese – composti tra il 1293 e il 1296.
Secondo i modi della poesia comico-realisica di Cecco Angiolieri, i due amici si scambiano accuse sempre più infamanti secondo la tecnica del “rinfaccio”. Dante accusa infatti Forese di insufficienza maritale, di ghiottoneria, di debiti, di dubbia nascita, di ladrocinio; a sua volta è accusato di vigliaccheria, povertà, accattonaggio.
Queste rime sono il prodotto di una maniera letteraria, quella giocosa, che non solo permetteva ma di regola comportava simili ingiurie e un linguaggio colorito da taverna; anche se poi è possibile che esse siano l’espressione di un momento di dispersione, se non proprio di traviamento (quello dopo la morte di Beatrice?), se è vero che di questa esperienza Dante e Forese faranno la ritrattazione nel Purgatorio canto XXIII, v. 115-117, e se è vero che ad essa si riferiva il rimprovero di Guido Cavalcanti nel sonetto I’ vegno ‘l giorno a te.
Le rime petrose
Le rime «petrose» comprendono quattro componimenti (due canzoni e due sestine).
Sono dette rime «petrose», perché rivolti ad una donna dura, spietata, Petra (forse, allegoricamente, la Filosofia o Firenze). Questi componimenti, dei quali il più celebre è «Così nel mio parlar voglio essere aspro», furono composti tra il 1296 e il 1298. Vi domina una passionalità violenta e intensa, espressa in uno stile di eccezionale crudezza e incisività.
Le rime «petrose» costituiscono una delle più vistose testimonianze dell’ammirazione di Dante per la poesia provenzale. Esse riflettono, nella struttura metrica e nel linguaggio, i modi e le forme di uno dei maggiori poeti provenzali, Arnaut Daniel.
Le Rime dell’esilio
Nelle rime scritte dopo l’esilio spicca la canzone allegorica Tre donne intorno al cor mi son venute (forse del 1302), che culmina nell’affermazione della dignità umana e della solitudine del poeta («l’esilio che m’è dato onor mi tegno»; «cader co’ buoni è pur di lode degno»); nella coscienza di essere accomunato a quei valori morali e civili – anch’essi banditi da un mondo dove trionfano l’iniquità e la corruzione – raffigurati nel mito delle tre donne immortali, che simboleggiano la Giustizia (e più particolarmente la Giustizia divina, la Giustizia umana, la Legge).