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Legge Basaglia, la legge che chiuse i manicomi

Legge Basaglia è la legge 180 del 13 maggio 1978. Prese il nome dallo psichiatra veneziano, Franco Basaglia, che ne ispirò le linee guida.

La legge Basaglia chiuse i manicomi. Erano questi luoghi di detenzione in cui isolare dal resto del corpo sociale le persone affette da disagio psichico. Promosse in alternativa un trattamento medico che partiva dal presupposto morale e scientifico che i malati mentali sono persone dotate di una propria identità e di diritti e come tali vanno trattati.

Più in particolare, la legge Basaglia prevedeva:

  • divieto assoluto di costruire nuovi manicomi e graduale chiusura di quelli esistenti;
  • il trattamento sanitario doveva essere volontario. Solo in alcuni casi particolari doveva essere obbligatorio;
  • il malato doveva restare in ospedale solo per un breve periodo di tempo e solo a causa di situazioni di emergenza, difficilmente gestibili dalla persona stessa e dalla famiglia.

Nasce il Servizio Sanitario Nazionale

La legge 180 rimase in vigore, come tale, solo poco più di sei mesi, e cioè fino al dicembre 1978, allorché decadde perché le sue norme essenziali furono inserite, con modificazioni, negli articoli 33, 34 e 35 della legge 833 del 23 dicembre 1978. Questa istituiva il Servizio Sanitario Nazionale, comprendendovi anche la psichiatria.

Prima della legge Basaglia

Prima della legge 180 era vigente la legge 36 del 1904, per la quale erano internate nei manicomi le persone “affette per qualunque causa da alienazione mentale”. Dopo un periodo di osservazione, i pazienti potevano essere ricoverati definitivamente, perdevano i diritti civili ed erano inseriti nel casellario penale.

Nei manicomi si ritrovava chi era ai margini della società: dai malati di mente ai piccoli delinquenti, alle prostitute e anche gli omosessuali. In questi luoghi erano praticati elettroshock, contenzioni e punizioni corporali.

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