L’isola di Arturo (1957) è il secondo romanzo di Elsa Morante (1912-1985); le valse il Premio Strega. È chiaramente un romanzo di formazione.
Il protagonista Arturo Gerace rievoca le vicende della sua infanzia e adolescenza trascorse nell’isola di Procida, nel golfo di Napoli. È, per Arturo, un luogo insieme reale e fantastico, dove vive serenamente un “tempo fuori dal tempo”, segnato soltanto dall’avvicendarsi delle stagioni.
La madre di Arturo è morta durante il parto e il ragazzo cresce sotto la guida di Silvestro, un vecchio soldato che gli fa da “balio”. Il padre, Wilhelm Gerace, è infatti spesso assente dall’isola e, durante i suoi brevi soggiorni, si cura poco del figlio, che pure nutre per lui una sconfinata ammirazione. L’uomo è scontroso e inarrivabile, ma per il ragazzo incarna l’ideale dell’eroe bello, invincibile, quasi un dio.
L’isola di Arturo si apre con la presentazione dell’isola e la descrizione della propria casa – la “Casa dei guaglioni”, un ex convento da sempre privo di presenze femminili – in cui il protagonista mescola realtà e fantasia.
La storia vera e propria inizia nel secondo capitolo, durante l’inverno in cui il ragazzo ha compiuto 14 anni, allorché in casa fa il suo ingresso Nunziatina, la nuova moglie del padre, una giovane che ha soltanto 16 anni.
La ragazza, vissuta nei quartieri più miseri di Napoli, è stata quasi costretta a quel matrimonio e ora vorrebbe essere madre anche per Arturo, come lo è stata per i suoi numerosi fratelli. Ma egli rifiuta il suo atteggiamento protettivo e, ben presto, comincia a trattarla con diffidenza, fino a nutrire per lei un odio implacabile.
Le cose cambiano dopo che Nunziatina partorisce un bambino, Carmine, fratellastro di Arturo. Tutte le attenzioni della matrigna sono ora solo per il piccolo e Arturo ne diventa gelosissimo. Arriva al punto di inscenare un suicidio, ingurgitando delle pastiglie di sonnifero.
Arturo trascorre così una settimana a letto in uno stato di semincoscienza. Nunziata, preoccupata, è sempre al suo capezzale.
Una volta guarito, il ragazzo tenta di baciarla, Nunziata si sottrae e comincia a evitarlo.
Arturo entra allora in confidenza con un’amica della matrigna, Assunta, una giovane vedova, che lo inizia al sesso. Quando però scopre che la donna ha altri amanti, la lascia ingiuriandola.
Poco tempo dopo, scopre che il padre ha una relazione con un uomo, Tonino Stella, costretto a trascorrere qualche anno nel penitenziario di Procida. Grazie all’indulto del 1938, Stella lascia il carcere ed è accolto nella “Casa dei guaglioni” con una ricca cena.
Durante la serata si scontra con Arturo, al quale rivela le tendenze omossessuali del padre. Gli svela anche la finzione dei viaggi all’estero, che non sono altro che soggiorni a Napoli in cerca di squallide avventure.
Wilhelm lascia l’isola con l’amico e rifiuta la richiesta del figlio di portarlo con sé. Si consuma così il doloroso distacco dalla figura paterna.
Dopo un aspro litigio anche fisico, seguito da un rifiuto determinato e totale da parte di Nunziatina, Arturo decide di andarsene per sempre da quell’isola. È il “balio” Silvestro, arruolatosi nell’esercito (nel frattempo è scoppiata la seconda guerra mondiale) e tornato sull’isola per rivedere Arturo, che informa la matrigna della decisone di Arturo.
Il romanzo L’isola di Arturo si chiude con Arturo sul piroscafo, che lo porterà per sempre via da quell’isola verso una nuova realtà: quella di un uomo adulto.