Lucifero nella Divina Commedia si trova nel canto 34 dell’Inferno, precisamente nel IX (nono) cerchio, la Giudecca, dove sono puniti i traditori dei benefattori; Lucifero si trova lì perché osò ribellarsi al suo Creatore (Dio).
Ma chi è Lucifero? Scopriamo insieme la storia di Lucifero, per poi analizzare come Dante descrive Lucifero nel canto 34 (XXXIV) Inferno.
Storia di Lucifero
Lucifero (in latino lucem fero, cioè «portatore di luce») apparteneva all’ordine dei Serafini, il primo dei novi cori angelici che ruotano attorno a Dio; era l’angelo più luminoso, il più bello.
Ribellatosi per superbia contro chi lo aveva creato e cacciato dall’Empireo, assunse un aspetto spaventoso (tre facce di diverso colore, tre paia di pipistrello) e precipitò al centro della Terra, nell’Inferno, il luogo più lontano da Dio. Su di lui gravano tutti e nove i cerchi infernali e dunque tutti i peccati del mondo.
La sua caduta provocarono la formazione della voragine dell’Inferno e della montagna del Purgatorio.
Quali sono gli altri nomi di Lucifero?
Virgilio lo chiama anche Dite (v. 20 canto 34 Inferno), il nome del re degli Inferi nella mitologia pagana. Al verso 127, sempre del canto 34, è chiamato Belzebù (in ebraico Baalzabub «signore delle mosche», e Baalzabul «signore del regno degli Inferi») appellativo che compare nei Vangeli.
In Inferno VII è chiamato Satana (v. 1 Satàn), che in lingua ebraica significa “avversario” o “diavolo” e in lingua greca è invece sinonimo di “calunniatore”.
Lucifero Divina Commedia descrizione
Nell’oscurità Dante distingue una sagoma simile a quella di un mulino mosso dal vento: è Lucifero, il capo dei diavoli. Sta immobile, conficcato nel centro della distesa ghiacciata, nella medesima posizione in cui venne fatto precipitare da Dio, ed è visibile dalla metà del petto in sù.
Ha una sola testa, ma con tre facce (una di colore rosso, un’altra di colore giallastro, infine, la terza è di colore nero). Le tre facce simboleggiano il rovesciamento della Trinità divina (Padre, Figlio e Spirito Santo); i colori, invece, secondo alcuni interpreti, rappresentano il contrario della Potenza, della Sapienza e dell’Amore di Dio: la rossa è l’impotenza; la nera l’ignoranza; la gialla l’odio.
Ha tre paia d’ali, un paio sotto ognuna delle tre facce. Le ali, quando erano candide e piumate, indicavano l’appartenenza all’ordine più alto degli angeli, i Serafini; ora sono trasformate in sei ali di pipistrello, nere e membranose, che generano un vento gelido (in contrapposizione al soffio d’amore infuocato dello Spirito Santo) che fa gelare le acque del Cocito.
Ha sei occhi, due per ciascuna delle tre facce. Dai suoi sei occhi escono lacrime di rabbia e impotenza che si mescolano alla saliva e al sangue dei tre peccatori straziati.
Nelle tre bocche, infatti, Lucifero strazia i tre massimi peccatori della storia: Giuda Iscariota, Bruto e Cassio. Nella bocca centrale c’è Giuda Iscariota, che tradì Cristo e quindi anche la Chiesa fondata da Cristo; le sue gambe pendono dalla bocca di Lucifero che gli dilania la schiena con gli artigli; gli altri due sono Bruto e Cassio, traditori di Giulio Cesare e dell’Impero.
Dante e Virgilio lasceranno il mondo infernale aggrappandosi al pelo di Lucifero: egli infatti è peloso come un animale. È questo l’ultimo particolare descrittivo del principe delle tenebre che ci viene offerto.
Dopo aver descritto il colmo del peccato e della degradazione, l’Inferno si conclude sulla vista rasserenante del cielo stellato: E quindi uscimmo a riveder le stelle.
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