L’uomo dal fiore in bocca è tra le opere teatrali di Luigi Pirandello. Pubblicata nel 1923, si compone di un atto unico.
Riassunto
La scena è ambientata nel caffé di una stazione, squallido e spoglio, a un’ora di notte, di un luogo sconosciuto.
I personaggi sono due: un uomo che parla, parla e parla (l’uomo dal fiore in bocca), e un altro uomo (l’uomo comune) che lo ascolta, interloquendo solo di rado, quando può inserirsi nel discorso dell’altro.
L’uomo dal fiore in bocca è malato di tumore, epitelioma, un fiore maligno che gli è spuntato sul labbro (da qui il titolo dell’opera teatrale) e lo condanna a pochi mesi di vita.
All’incubo della morte reagisce parlando convulsamente. Si tuffa, quasi con avidità, nella contemplazione della vita, in tutti i suoi più piccoli e insignificanti particolari. Descrive minuziosamente il modo di incartare gli oggetti da parte dei commessi dei negozi. Sfugge i conoscenti perché gli ricordano la sua vita condannata alla morte, mentre gli estranei gli consentono di dar libero sfogo alla sua immaginazione. Scaccia anche la moglie, che, pur essendo consapevole del destino del marito, non solo continua ad amarlo, ma gli si attacca con ostinazione. Lui però la allontana da sé, perché lei rappresenta il passato, i ricordi e l’attaccamento alla vita, cose tutte di cui vorrebbe liberarsi.
La vicenda si conclude lentamente con il brusco passaggio a un argomento più dolce e gustoso: «Ma ci sono, di questi giorni, certe buone albicocche… Come le mangia lei?…». Serve a tranquillizzare sia l’interlocutore che a riportare il discorso sulle cose piacevoli e belle della vita.
E infine, la battuta finale, amaramente e pesantemente autoironica, rappresenta da parte dell’uomo dal fiore in bocca lo sforzo di conservare il buonumore in una situazione tragica, e ha, proprio per questo, il sapore di una macabra e penosa allegria: «E mi faccia il piacere, domattina, quando arriverà… Il primo cespuglietto d’erba… Ne conti i fili per me. Quanti fili saranno, tanti giorni ancora io vivrò. Ma lo scelga bello grosso, mi raccomando».