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Manzoni e il Romanticismo spiegato semplice

Manzoni e il Romanticismo

Manzoni interpreta il Romanticismo in un suo modo personale. Rifiuta infatti la linea romantica che propone l’immagine dell’eroe romantico, il modello cioè dell’uomo solitario, eccezionale, così come rifiuta l’interpretazione della letteratura intesa come evasione nel sogno.

Delle idee romantiche condivide, invece, la visione della vita come perenne, drammatico contrasto fra ideale e reale, fra i principi morali e la loro continua verifica nell’esperienza della storia.

Per Manzoni la poesia deve avere una funzione morale, educativa, e per questo scopo deve rifarsi al “vero”, cioè trovare i suoi contenuti nelle vicende realmente accadute, che devono essere rappresentate in una forma gradevole e interessante per il lettore.

Nella Lettera sul romanticismo (1823), Manzoni scrive a Cesare D’Azeglio chiarendo la propria adesione al Romanticismo. Da un lato spiega perché ha sempre lottato contro l’uso, da parte dei letterati moderni, della mitologia classica; dall’altro precisa che la poesia, così come la letteratura in genere, deve proporsi «l’utile per iscopo, il vero per soggetto, l’interessante per mezzo».

La mitologia, secondo Manzoni, è negativa da un punto di vista letterario perché consiste nell’imitazione priva di originalità di un passato ormai lontano che ha perso significato. La mitologia esprime inoltre un’idea del mondo contraria alla religione cristiana, una «morale» basata sulla ricerca del piacere e dei beni materiali e per questo «voluttuosa, superba, feroce ed egoistica».

La lettera non è destinata alla pubblicazione e, infatti, rimane privata fino al 1846, quando viene stampata a Parigi, contro la volontà dell’autore.

Manzoni la ristamperà nel 1870 con alcune modifiche.

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