Marco Lombardo è uno dei penitenti che scontano la loro pena nella terza cornice del canto 16 del Purgatorio della Divina Commedia.
Dove viene collocato Marco Lombardo da Dante nella Divina Commedia?
In vita fu uomo di corte, vissuto nell’Italia settentrionale, nella seconda metà del XIII secolo. Di lui si racconta che era incline all’ira, per questo Dante lo colloca nella terza cornice del canto XVI Purgatorio tra gli iracondi immersi nel fumo.
La pena del contrappasso è per analogia: come in vita l’iracondia ha impedito loro di vedere bene la realtà e le persone, allo stesso modo nell’aldilà un fumo denso e nero impedisce agli iracondi di scorgere bene il cammino, mentre intonano l’Agnus Dei come simbolo della mansuetudine.
Cosa chiede Dante a Marco Lombardo?
Il poeta lo interroga sulla difficile questione del libero arbitrio, dello scegliere tra il bene e il male, e gli affida il compito di condannare la confusione tra potere politico e potere spirituale e la corruzione morale dell’epoca.
Cosa spiega Marco Lombardo a Dante?
Marco risponde che, sebbene gli astri influiscano sulle attitudini iniziali degli individui, tuttavia l’uomo può compiere liberamente le proprie scelte e contrastare le cattive inclinazioni grazie alla ragione, che gli consente di distinguere tra il bene e il male, e alla facoltà del libero arbitrio di cui è dotato e secondo cui è libero di agire e di pensare. Di conseguenza, è dell’uomo la responsabilità della corruzione del mondo. L’anima, appena plasmata dalle mani di Dio, assolutamente semplice e ignara di tutto, si volge spontaneamente verso ogni cosa che le reca piacere, e può essere attratta dalle false apparenze dei beni terreni distogliendo le sue intenzioni dal vero bene.
Proprio per questo l’anima ha bisogno di una guida terrena (l’imperatore), che la indirizzi con le leggi. Ma oggi tale autorità manca e le leggi restano inapplicate, perché il papa si è arrogato anche il potere temporale e non esercita il proprio compito di guida spirituale per il suo attaccamento ai beni terreni, offrendo all’uomo un cattivo esempio.
L’anima di Marco Lombardo enuncia quindi la “teoria dei due soli“, che Dante presenta anche nel De Monarchia, secondo la quale l’uomo, per essere perfettamente felice, deve disporre di due guide distinte, la Chiesa per la felicità spirituale, l’Impero per quella terrena.
Come esempio degli effetti della confusione dei poteri, Marco Lombardo menziona la sua terra, la Lombardia, così infestata dalla corruzione che delle antiche virtù sopravvive traccia solo in tre vecchi, Corrado da Palazzo (di Brescia), Gherardo da Camino (di Treviso) e Guido da Castello (di Reggio Emilia), che aspettano soltanto di poter passare a miglior vita. A questo punto termina il colloquio tra i due e l’anima si allontana.
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