Matelda e Dante s’incontrano nel canto 28 del Purgatorio, presso il fiume Lete, il fiume dell’oblio, perché le sue acque fanno dimenticare alle anime che vi si immergono (e anche Dante dovrà farlo) i mali commessi.
Il suo nome però viene fatto solo molto dopo la sua apparizione, in Purgatorio XXXIII, v. 119, cioè quando il poeta giunto alle acque del fiume Eunoè chiede a Beatrice che acqua sia quella e viene allora a conoscenza dell’identità della donna, perché Beatrice lo consiglia: «Priega/ Matelda che ‘l ti dica». Allora, Matelda porterà Dante a bere l’acqua dell’Eunoè che permette alle anime di ricordare tutto il bene compiuto. E Dante, dopo che Matelda lo avrà immerso nelle acque dell’Eunoè, libero da ogni residuo di peccato, si sentirà disposto a iniziare l’ascesa al Paradiso.
Matelda e Dante nel canto 28 Purgatorio
Quando Dante incontra Matelda?
Ci troviamo nel canto 28 del Purgatorio, il primo di quelli dedicati al Paradiso terrestre, vale a dire il paradiso sulla Terra che Dio donò ad Adamo ed Eva e che segna il passaggio dal Purgatorio al Paradiso. Qui Dante, in compagnia di Virgilio e Stazio, incontra la giovane Matelda, d’aspetto nobile e bello, che cantando è intenta a raccogliere fiori, lungo la sponda del fiume Lete.
Cosa spiega Matelda a Dante?
La donna spiega che si trovano nel giardino dell’Eden, creato da Dio come dimora beata per gli uomini, ma perduto a seguito del peccato originale di Adamo ed Eva. La dolce brezza che spira costantemente è provocata dal movimento dei cieli; la spianata che si estende di fronte a loro è ricco di ogni possibile specie vegetale e possiede frutti che sulla Terra non si raccolgono.
Matelda spiega ancora che l’acqua scaturisce per volere divino da una sorgente perenne che si divide in due fiumicelli: il Lete, presso cui si trovano, che cancella la memoria dei peccati, e l’Eunoè, che rievoca il bene compiuto. Alcuni poeti antichi descrissero questo luogo come la mitica età dell’oro: due di essi sono presenti, felici di scoprire quella verità che si rivela immensamente più bella delle loro fantasie poetiche. All’udire queste parole, Dante si volge a guardare Stazio e Virgilio che stanno sorridendo.
Chi è Matelda?
Gli interpreti si sono a lungo interrogati sull’identità storica di questo personaggio. In realtà Matelda, a differenza dei guardiani e dei custodi della Commedia, che sono personaggi del mito (Caronte, Minosse) o della storia (Catone Uticense), non è mai realmente esistita.
Occore infatti precisare che nessun essere umano, che abbia avuto un’esistenza storica, può abitare l’Eden. Gli uomini, infatti, sono destinati a uno dei regni dell’aldilà, mentre l’Eden è un luogo di passaggio, posto tra la terra e il cielo. Tuttavia non mancano studiosi che sostengono che Matelda trasfiguri un personaggio storico. I commentatori antichi avevano avanzato l’ipotesi che si trattasse di Matilde di Canossa, la potente contessa vissuta nell’XI secolo, fortemente legata a papa Gregorio VII. Altri hanno pensato a Matilde di Magdeburgo e Matilde di Hackeborn, due mistiche tedesche che compaiono nella Vita nuova e che però Dante qui non riconoscerebbe.
Matelda cosa simboleggia?
Come alternativa, molti storici propongono un’interpretazione allegorica: Matelda rappresenterebbe la condizione umana prima del peccato originale, quando l’uomo abitava nel Paradiso terrestre, dove ella ancora abita, e della felicità ancora raggiungibile sulla Terra per chi si rivolga alle virtù morali e intellettuali.
Qual è lo scopo di Matelda?
Matelda svolge sia una funzione di guida che una funzione spirituale. Essa infatti guiderà Dante all’incontro con Beatrice (Purgatorio canto XXX), cioè alla salvezza, e immergerà il Poeta, purificandolo, nei due fiumi: il Lete, perché dimentichi il male commesso, e l’Eunoè, il fiume che ravvive la virtù con il ricordo di tutto il bene compiuto.