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Matrona nell’antica Roma: chi era e caratteristiche

La matrona nell’antica Roma era la donna nobile romana sposata, sottoposta alla tutela del marito. Anche quando con l’imperatore Adriano (II sec. d.C.) ottenne maggiori concessioni legislative, come il diritto di assumere la tutela dei figli e di ereditare e gestire il proprio patrimonio, non fu mai considerata uguale agli uomini, ma “complementare”, perché nel diritto e nella cultura romana non era prevista una figura femminile giuridicamente indipendente, svincolata dall’autorità di un uomo.

Quanti nomi avevano le matrone romane?

A differenza degli uomini che avevano il praenomen (paragonalbile al nostro nome proprio), il nomen (che identificava la gens) e il cognomen (una sorta di soprannome che indicava una caratteristica del personaggio), la matrona nell’antica Roma aveva solo un nome, derivato dal nomen della famiglia di appartenenza: per esempio Porcia, Fabia, Cornelia, Emilia, Cecilia.

Come doveva essere la matrona romana?

La matrona romana ideale doveva essere: casta, i suoi rapporti sessuali si limitavano al matrimonio e avevano scopi procreativi, perché la donna romana era soprattutto moglie e madre; pia, ovvero devota al mos maiorum e ai culti religiosi; semplice e modesta, per esempio i Romani impedivano per legge alle matrone di bere il vino, per il timore che perdessero il controllo e potessero avere comportamenti troppo “liberi” (leggi Ius osculi, il diritto di bacio e il divieto di bere); pudica, cioè riservata e discreta. Per esempio non poteva parlare in pubblico perché era opinione diffusa che le donne non fossero in grado di fare buon uso della parola; custode della casa; dedita alla confezione di abiti per mezzo del telaio: era questo il lavoro femminile per eccellenza, tant’è che fusi, canocchie e pesi da telaio componevano il corredo funebre delle matrone.

Riassume efficacemente questi doveri un’espressione che compare spesso nelle epigrafi funerarie che celebrano le virtù della matrona defunta: Domi mansit, casta vixit, lanam fecit, ovvero: «Rimase in casa, visse casta, filò la lana».

Matrone romane famose

Tra le matrone maggiormente celebrate per la loro virtù spicca Cornelia, figlia di Scipione l’Africano e madre dei fratelli Gracchi, modello di vita all’insegna della sobrietà e della totale dedizione ai doveri materni; Lucrezia, la cui vicenda segna il passaggio dalla monarchia alla repubblica.

Ma il sistema ideologico romano si serviva anche di modelli negativi, vale a dire ritratti deprecabili, attraverso i quali condannare pubblicamente determinate condotte sociali. Tra tutte, spicca Clodia, sorella del tribuno della plebe Clodio e moglie del proconsole Metello Celere, di cui nel 59 a.C., rimase vedova. Di lei s’innamorò il poeta Catullo (84-54 a.C.) e la celebrò nelle sue odi con il nome di Lesbia, presentandola come una donna affascinante e passionale ma anche volubile, crudele, dissoluta. Cicerone le rivolse aspre ciritiche, accusandola di dissolutezza (per un approfondimento leggi Cicerone, La Pro Caelio riassunto).

A partire dal I sec. d.C. le rigide norme del mos maiorum andarono sempre più attenuandosi fino a scomparire quasi del tutto in età imperiale e furono sempre più numeorse le ragazze di famiglie nobili e ricche alle quali veniva impartita un’istruzione simile a quella dei maschi. Non scomparve mai del tutto però una profonda diffidenza per la donna “emancipata” che poteva invadere ambiti tradizionalmente maschili e doveva quindi essere controllata.

L’abbigliamento delle matrone romane

Ma come doveva vestirsi una matrona nell’antica Roma? La matrona romana indossava una tunica, una sopravveste lunga fino ai piedi e allacciata sulle spalle da fibule e, quando usciva di casa, un mantello che le copriva il capo. Le acconciature delle matrone romane erano molto varie e cambiarono nel tempo, seguendo le diverse mode.

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