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Melancolia: origine e caratteristiche

Melancolia: origine del termine

Melancolia – Il latino melancholia è termine derivato dal greco, composto da mélan (nero) e chólos (bile), e indica una grave tristezza d’animo che la medicina tradizionale faceva derivare da un eccesso di “bile nera” nel corpo; la teoria degli umori di Ippocrate nel V secolo a.C. considerava l'”umore nero” la causa dell’alterazione dello spirito che diventa cupo, triste e irascibile.
Il termine, nella variante “melanconia”, sovrapponendosi al latino malum (male) ha poi prodotto la forma italiana “malinconia”.

Melancolia: caratteristiche

Nella sua accezione principale (sostanzialmente accettata anche dalla psichiatria odierna come aspetto della sindrome maniaco-depressiva) è uno stato di tristezza costante, in associazione a senso di colpa, indegnità e persecuzione. Lo stato d’animo malinconico dispone al pessimismo ed è accompagnato da un senso di fallimento, oppressione e catastrofe che impedisce di rispondere alle sollecitazioni ambientali.

Per Freud la melancolia «è psichicamente caratterizzata da un profondo e doloroso scoramento, da un venir meno dell’interesse per il mondo esterno, dalla perdita della capacità di amare, dall’inibizione di fronte a qualsiasi attività e da un avvilimento del sentimento di sé che si esprime in autorimproveri e autoingiurie e culmina nell’attesa delirante di una punizione».

Tra i sintomi si annoverano un rallentamento dei movimenti e un’alterazione della temporalità: l’ossessione del passato rende impossibile vivere il presente e immaginare un futuro; sono presenti inoltre disturbi dell’alimentazione e del sonno, fantasie suicide e morte.

Freud, sottolineando il compiacimento di natura intellettuale provocato dalla sofferenza, riconosceva in essa una nevrosi narcisistica: la melanconia nasce dal confronto con un ideale assoluto, rispetto al quale il soggetto non può che riconoscere la sua nullità.

Nella dimensione estetico-letteraria del Romanticismo tale sentimento permette al poeta, in virtù della sua sofferenza, di considerarsi un animo elevato e puro, superiore alle cose del mondo per la sua sensibilità dei limiti della finitezza umana e per il desiderio, ardente quanto vano, del loro superamento: considerandosi “eletto” egli può riscattarsi dall’esclusione sociale inflitta dalla società borghese incentrata sui valori produttivi e, con il trasferimento del proprio vissuto doloroso sul piano dell’immaginazione e della creazione, evitare lo sprofondamento nel baratro distruttivo dell’angoscia.

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