Le Ninfe nella mitologia greca ma anche in quella latina erano considerate divinità minori, personificazioni dei corsi d’acqua e delle fonti, dei campi, dei monti e delle foreste. Proteggevano la crescita degli adolescenti, erano invocate dalle ragazze che andavano spose e anche da quelle che desideravano un figlio; spesso venivano scelte come nutrici di divinità. Non erano immortali, ma erano destinate a lunga vita.
Molte volte si accompagnavano a divinità più importanti. Così andavano a caccia insieme ad Artemide o si spostavano da un luogo a un altro con Dioniso, oppure si univano ad Apollo o a Ermes.
Generalmente non gradivano la compagnia degli uomini e preferivano stare con i Satiri e con Sileno, le divinità dei boschi e della natura.
Erano rappresentate come bellissime fanciulle, delicate e gentili. Erano così graziose a vedersi che incantavano e facilmente gli uomini vedendole si innamoravano di loro. Però poteva accadere anche l’inverso, come attestano il mito di Dafni e la storia di Eco e Narciso.
Quali soni i nomi delle ninfe?
C’erano le ninfe del mar Mediterraneo, le Nereidi, le 50 figlie di Nereo. Le più famose erano Teti, madre dell’eroe greco Achille; Galatea, amata dal ciclope Polifemo; Anfitrite, sposa del dio del mare Poseidone.
Le Oceanine erano invece le figlie di Oceano, il grande fiume che scorreva attorno alla Terra. Tra esse ricordiamo la ninfa Calipso, che innamorata di Odisseo (Ulisse), lo trattenne per sette anni presso di sé e lo liberò solo perché costretta da un ordine di Zeus, ma si lasciò morire di dolore per la sua partenza (leggi Odisseo e Calipso Libro V Odissea).
Le Potameidi, sono invece le ninfe dei fiumi; Naiadi, le ninfe delle sorgenti, tra le quali c’è Dafne; Oreadi, ninfe delle montagne e delle grotte, tra esse c’è Eco; le Driadi, le ninfe dei boschi, tra le quali si ricorda in modo particolare Euridice che fu sposa di Orfeo; Amadriadi, che vivevano nel tronco degli alberi e che morivano quando la pianta appassiva; Meliadi, le ninfe dei frassini.
Ninfe rano anche le tre Esperidi: Egle, Aretusa e Ipertusa, le ninfe figlie del titano Atlante e di Espero, la stella della sera. Aiutate da un drago, le tre Esperidi custodivano un albero dalle mele d’oro, che la dea Era aveva ricevuto in dono da Gea, la madre Terra. Una delle dodici fatiche di Eracle consistette proprio nel rubare quelle mele.
Dove vivevano?
Si diceva che le Ninfe vivessero nei boschi più belli, presso le fonti e nei ruscelli, nelle verdi foreste delle alte montagne o anche in isole deserte di loro esclusiva proprietà.
Trascorrevano il tempo in lieta armonia, cantando, danzando e suonando con grande abilità, o tessendo e filando finissime e preziose stoffe oppure nuotando nelle acque limpide dei corsi d’acqua.
Il culto
Data l’importanza delle acque e delle fonti non c’era villaggio, città o piccolo nucleo abitato che non onorasse le divinità di quei luoghi con offerte atte a renderle più generose: fiori e animali sgozzati venivano deposti nelle acque stesse in modo che il loro sangue le tingesse testimoniando il rispetto degli abitanti di quel luogo.
Le Ninfe venivano venerate perlopiù a cielo scoperto, spesso però anche in veri e propri santuari chiamati Ninfei, nei quali si offrivano loro animali e prodotti dei campi.
Le Ninfe nella mitologia romana: le Camene
I Romani identificarono le Ninfe con le Camene, a loro volta considerate divinità delle acque, dei boschi, dei giardini e della natura in generale e ritenute gli spiriti buoni delle fonti.
A una di esse fu tributato un culto particolare, in quanto ispiratrice del re romano Numa Pompilio: era Egeria, colei che consigliava il re nei momenti più delicati delle sue funzioni di governo. Per esprimere la sua gratitudine e la sua venerazione Numa dedicò alle Camene un tempietto in bronzo.
Oltre all’arte profetica, secondo i Romani, le Camene insegnavano la musica e il canto ai bambini, tanto da essere confuse con le Muse, sebbene queste ultime fossero ben più importanti nel mondo delle arti e delle scienze.