Plinio il Vecchio (Como, 23 d.C. – Stabia, 25 agosto 79 d.C.), naturalista e scienziato, morì nel corso dell’eruzione del Vesuvio del 79 d.C. – che distrusse Pompei, Ercolano e Stabia – durante l’impero di Tito, mentre cercava di portare soccorso alle città devastate.
Plinio il Vecchio è l’autore della grande Naturalis Historia, Storia Naturale. Si compone di 37 libri ed è l’unico lavoro di Plinio il Vecchio che si sia conservato. Vi ha registrato tutto il sapere della sua epoca su argomenti tra loro assai diversi: cosmologia, geografia, antropologia, zoologia, sostanze medicinali, metallurgia e mineralogia. L’opera è stato il testo di riferimento in materia di conoscenze scientifiche e tecniche per tutto il Rinascimento e anche oltre.
L’oratore e letterato Plinio il Giovane (61 – 113 d.C.), nipote di Plinio il Vecchio, descrisse la fine di suo zio in una lettera indirizzata allo storico latino Tacito (56 – 120 d.C.), scritta trent’anni dopo l’accaduto.
“Caro Tacito, mi chiedi di narrarti la fine di mio zio, per poterla tramandare ai posteri con maggiore esattezza. E te ne sono grato: giacché prevedo che la sua fine, se narrata da te, è destinata a gloria non peritura.
Egli era a Miseno [capo Miseno, promontorio del Golfo di Napoli, dove si trovava un’importante base navale romana] e comandava la flotta in persona. Il nono giorno prima delle calende di settembre, verso l’ora settima, [nono giorno… ora settima: il 24 agosto, a mezzogiorno] mia madre lo avverte che si scorge una nube insolita per vastità e aspetto… la cui forma nessun albero avrebbe espresso meglio di un pino. Da persona erudita qual era, gli parve che quel fenomeno dovesse essere osservato meglio e più da vicino. Si affretta là donde gli altri fuggono, così privo di paura da dettare e descrivere ogni fenomeno di quel terribile flagello, ogni aspetto, come si presenta ai suoi occhi. Già la cenere cadeva sulle navi, tanto più alta e densa quano più si approssimava; già cadevano della pomice e dei ciottoli anneriti, cotti e frantumati dal fuoco…
Frattanto dal monte Vesuvio in parecchi punti risplendevano larghissime fiamme e vasti incendi, il cui chiarore e la cui luce erano resi più vivi dalle tenebre notturne.”
Plinio il Giovane, Epistole.
La data dell’eruzione del Vesuvio, 24 agosto del 79 d.C., era stata accettata come sicura fino ad oggi, ma ritrovamenti archeologici fanno supporre che essa sia avvenuta in autunno, probabilmente il 24 novembre di quell’anno.
Durante recenti scavi archeologici, infatti, sono stati ritrovati frutta secca carbonizzata, bracieri usati per il riscaldamento, mosto in fase di invecchiamento trovato ancora sigillato nei contenitori e, soprattutto, il ritrovamento di una moneta che riferisce della quindicesima acclamazione di Tito a imperatore, avvenuta dopo l’8 settembre del 79.