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Mos maiorum, principi e definizione

L’espressione mos maiorum significa letteralmente “costume (o usanza) degli antenati”. Si basava sull’idea, tipica di una società rurale e tradizionalista, che gli antenati rappresentassero un modello di comportamento. Il mos maiorum era la base della cultura e della civiltà di Roma antica. Era infatti l’insieme di tradizioni, usanze, valori che permetteva ai Romani di riconoscersi come popolo. È dunque importante, per capire la mentalità dei Romani, conoscere il mos maiorum.

Vediamo quali erano questi valori della società romana.

Fides È la “fedeltà” o “lealtà” o “fiducia”, in senso sia giuridico e politico (per esempio il rispetto degli accordi presi) sia personale (il rapporto tra amici o tra coniugi).

Pietas È la “devozione”, il “rispetto”, che si deve agli dèi, ma anche alla patria e alla famiglia.

Gravitas È la “severità” o “serietà” tipica degli anziani e del buon capofamiglia.

Costantia Indica la “costanza”, la “fermezza”, cioè l’integrità morale che induce ad avere un comportamento giusto anche nei casi in cui è difficile.

Magnanimitas È la “magnanimità”, la “grandezza d’animo”, cioè l’avere un comportamento generoso, senza secondi fini, nella vita pubblica e privata.

Industria È l'”operosità”, la vita dedicata al fare.

Fortitudo, è il coraggio e lo sprezzo del pericolo.

Pudor, è il ritegno che impedisce di fare azioni di cui vergognarsi.

Frugalitas, un tenore di vita semplice e lontano dal lusso.

Abstinentia, il disinteresse nel maneggio di pubblico denaro.

Patientia, la capacità di sopportare le sventure.

Il protagonista dell’Eneide, Enea, si impone proprio come prototipo dell’uomo in cui confluiscono le “virtù” della romanità, il mos maiorum: coraggio, lealtà, giustizia, clemenza, devozione verso gli dèi, capacità di sopportare le avversità, alto senso civico che lo porta ad anteporre al proprio destino individuale la considerazione del bene della comunità.

L’apertura al mondo ellenistico, sostenuta dal potente circolo degli Scipioni che introdusse a Roma la filosofia ellenistica (scetticismo, epicureismo, stoicismo) mise in crisi gli antichi e sobri costumi tradizionali romani (il mos maiorum).

Il più grande sostenitore della battaglia tradizionalista fu Catone il Censore (234-149 a.C.). I tradizionalisti fecero emanare, con scarsi effetti pratici, dei provvedimenti contro il lusso; sono le cosiddette leggi suntuarie (da sumptus, “spesa”): nel 215 (legge Oppia), nel 182, nel 161 a.C. e altre ancora. Questi provvedimenti vietavano alle donne di indossare vestiti e gioielli troppo costosi e ponevano un limite alle spese per feste e banchetti. Catone e i tradizionalisti, tuttavia, non combattevano la ricchezza in quanto tale, ma la trasformazione culturale e politica di cui essa era sintomo.

Gli ultimi decenni del periodo repubblicano videro la crisi più acuta del sistema dei valori del mos maiorum. Nel De Catilinae coniuratione (“La congiura di Catilina”, il colpo di stato tentato nel 63 a.C.), lo storico Sallustio (86-35 a.C.) racconta che ambizione, avidità, brama di potere e di ricchezza, corruzione causavano una generale decadenza dei costumi e minavano dalle fondamenta la vita stessa della res publica.

 

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