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Moti insurrezionali 1830-1831 in Europa e Italia

I moti insurrezionali del 1830 partirono da Parigi contro il re Carlo X (Carlo decimo), succeduto al fratello Luigi XVIII (Luigi diciottesimo), morto nel 1824.

Il 26 luglio 1830 Carlo X sciolse il Parlamento, soppresse la libertà di stampa e cambiò la legge elettorale: da allora avrebbero potuto essere eletti al governo solo i grandi proprietari terrieri.

A Parigi si scatenò allora una rivoluzione (le tre gloriose giornate, 27-28-29 luglio); Carlo X fuggì e il trono fu offerto a Luigi Filippo d’Orleans, destinato a regnare fino al 1848. Luigi Filippo approvò una costituzione liberale; allargò la base elettorale; staccò la Francia dalla Santa Alleanza; infine, dichiarò “il principio di non intervento“, con il quale riconobbe ad ogni popolo il diritto di organizzare il proprio governo come voleva e di prendere le armi contro il proprio sovrano, se questi tentava di opporsi.

I moti del 1830 nei Paesi Bassi

Infiammati dalla vittoria dei francesi, insorse il regno dei Paesi Bassi. I Paesi Bassi comprendeva due popoli profondamente diversi: gli olandesi, di religione calvinista e dediti soprattutto al commercio; i belgi, cattolici e impegnati nell’agricoltura e nell’industria. Erano però gli olandesi a ricoprire le maggiori cariche nel governo e nell’amministrazione. Pertanto i belgi, confidando nella dichiarazione di “non intervento” di Luigi Filippo, insorsero. Ottennero l’indipendenza del Belgio (4 ottobre 1830); la stesura della Costituzione; il riconoscimento del nuovo Stato come autonomo.

Il fallimento dei moti insurrezionali in Polonia

La rivoluzione si diffuse anche in Polonia, che però non riuscì a rendersi indipendente dalla Russia.

I moti insurrezionali del 1831 in Italia

Nel 1831 in Italia scoppiarono moti rivoluzionari, ispirati dalla Carboneria, a partire dal Ducato di Modena. Qui Ciro Menotti aveva ottenuto il tacito assenso del duca Francesco IV (Francesco quarto), che però lo tradì e Ciro Menotti fu impiccato.

L’insurrezione si propagò a Bologna, a Parma e in altre città dell’Emilia, della Romagna e delle Marche. A ristabilire l’ordine ci pensò l’Austria.

 

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