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Nascita e storia della città, riassunto

Riassunto facile e scorrevole sulla nascita e la storia della città. Dalla sua comparsa in età antica, passando poi in età medievale e moderna, per giungere alle città contemporanee.

Età antica I primi villaggi

L’Homo sapiens comparve sulla terra circa 150 000 anni fa, ma solo tra l’VIII e il VII millennio a.C. gli uomini crearono i primi villaggi.

I primi villaggi di cui si hanno traccia sono Ganjadareh e Giarmo in Iraq, Gerico in Palestina e Çatal Hüyük in Turchia, tutti risalenti all’VIII-VII millennio a.C.

Il tipico villaggio neolitico, situato vicino ai campi coltivati, era un agglomerato di venti-trenta capanne, con caratteristiche variabili a seconda delle regioni e dei materiali da costruzione disponibili: legno, pietra, mattoni di argilla cotti al sole.

Per ragioni difensive, le case potevano essere strettamente addossate le une alle altre o circondate da cinte murarie costruite di terra o con mattoni.

Poi si verificò una consistente crescita della popolazione nelle aree dove l’agricoltura si andava sviluppando e le attività umane iniziarono a differenziarsi (sacerdoti, guerrieri, artigiani, mercanti, contadini). Così, accanto ai semplici agglomerati di case, magazzini e botteghe artigianali, sorsero i primi edifici di interesse collettivo, come i templi e i palazzi pubblici. Nacquero allora le prime città.

Quando è nata la prima città

Le prime città sorsero nel IV millennio a.C. generalmente vicino ai grandi fiumi (Nilo, Indo, Tigri, Eufrate, Fiume Giallo) per sfruttare l’acqua e convogliarla nei campi attraverso canali, argini e dighe. La città, rispetto al villaggio, si caratterizzava per una organizzazione più complessa della società e del lavoro.

In Europa i primi centri cittadini si svilupparono lungo le coste del Mediterraneo, in corrispondenza delle foci dei fiumi. L’insediamento costiero favoriva i contatti tra le diverse popolazioni facilitando il commercio, mentre i fiumi fornivano l’acqua dolce indispensabile per l’agricoltura. Coloni fenici si stabilirono in Libia, Francia, Spagna e Italia, mentre i Greci fondarono insediamenti soprattutto in Italia meridionale (Magna Grecia).

Le città greche

Le città greche, le poleis, erano in gran parte di modeste dimensioni. Nel V e IV secolo a.C. le poleis in Grecia erano alcune centinaia, alle quali si aggiungevano, altrettanto numerose, quelle fondate sulle coste dell’Asia Minore e della Magna Grecia (nel sud della penisola italiana e in Sicilia).
La poleis sorgeva in genere attorno a un’altura rocciosa (acropoli), sulla quale si trovavano i templi e la piazza per le assemblee e il mercato; era circondata da mura, dentro le quali in caso di pericolo si rifugiavano anche gli abitanti della campagna circostante.

Roma la più grande città dell’antichità mediterranea

Roma fu la più grande città dell’antichità mediterranea e una delle più grandi di tutto il mondo antico. Era popolosa e ricca, dotata di ponti, strade, acquedotti, fogne, templi, teatri, stadi.
I Romani avevano messo a punto un modello di città molto semplice, che riproducevano ovunque arrivassero le loro legioni: si trattava in effetti di un accampamento militare, il castrum.

Essi tracciavano una grande strada centrale da sud a nord, il cardo, incrociata da un’altra da est a ovest, il decumano; poi suddividevano l’area con una griglia di strade più piccole. Questo modello di insediamento è stato ripetuto molte volte e ne possiamo trovare le tracce in varie città, in Italia e nell’area mediterranea.

Il centro della vita pubblica nell’antica Roma era il foro, dove gli edifici religiosi sorgevano accanto a quelli destinati alle varie funzioni pubbliche. In età imperiale il foro perse parte della sua funzione politica originaria ma conservò vitalità commerciale e una funzione di rappresentanza; il centro della vita politica si spostò sul vicino colle Palatino, sede delle dimore imperiali.

Nell’VIII secolo le cose cambiarono radicalmente. La diffusione dell’Islam nei paesi del Mediterraneo e le grandi invasioni dei vichinghi da nord determinarono una crisi dei commerci e una conseguente decadenza delle grandi città: senza i commerci le città non possono esistere.

Nel periodo feudale anche città che erano state grandi e splendide scomparvero o si ridussero a piccoli borghi. Ai tempi dell’incoronazione di Carlo Magno (800 d.C.) Roma non aveva più di qualche migliaio di abitanti; nel 1500, all’inizio dell’epoca moderna, contava poco più di 50 000 abitanti.

La città in Età Medioevale

A un certo punto, però, in età medievale, le città europee ripresero a crescere e si moltiplicarono. Tra le ragioni di questa straordinaria ripresa urbana, la principale fu la riapertura delle vie commerciali tra Occidente e Oriente, favorita dalle crociate (secoli XI-XIII) e dall’espansione commerciale e militare delle repubbliche marinare italiane (Amalfi, Venezia, Pisa e Genova). Un flusso particolare di scambi si stabilì tra Venezia e le Fiandre, nell’Europa settentrionale. Questa nuova via commerciale passava per Milano e le altre città della Pianura Padana, alimentando una rete di traffici che collegava le isole britanniche con l’Oriente.

Lo sviluppo dei traffici permise ai mercanti di accumulare le ricchezze necessarie a ricostruire le città.
Come mostrano ancora i centri delle città medievali europee (Venezia, Firenze, Siena, Padova, Colonia, Parigi, Bruges…), le costruzioni erano ammassate le une sulle altre intorno alla piazza della chiesa; le vie strette e tortuose; le piazze piccole e ingombranti di monumenti. Ogni città era uno stato indipendente.

Età moderna

Alla fase di crescita rinascimentale seguì un periodo in cui l’Europa si riorganizzò in regni e stati nazionali. Declinò l’importanza dei Comuni e delle città-stato italiane – come la Firenze dei Medici, la Milano degli Sforza, la Mantova degli Estensi, la Venezia repubblicana – e si affermarono sempre più le grandi città capitali dei nascenti Stati europei. Queste aumentarono di dimensioni fino a raggiungere varie decine di migliaia di abitanti, ma sempre sulla base dell’impianto medievale, mentre le corti dei sovrani erano insediate fuori città (Versailles per Parigi, Aranjuez per Madrid, Schönbrunn per Vienna, Caserta per Napoli).

L’espansione coloniale nelle Americhe, in Africa e in Asia fece diminuire l’importanza dei centri marittimi sul Mediterraneo (come Venezia o Genova) a favore di città portuali. Così nel Seicento le città europee con più di 250 000 abitanti erano solo due: Londra e Napoli. Nel 1715 Londra era l’unica città europea con più di 500 000 abitanti.
Anche la forma della città era cambiata. Le mura si allungarono in una serie di bastioni e contrafforti, per sostenere l’impatto delle armi da fuoco e dei cannoni durante le lunghe e sanguinose guerre dinastiche di quegli anni.

La città industriale

Tra la fine del XVII e la seconda metà del XVIII secolo (Rivoluzione industriale) nacque la città industriale.

La città industiale era anzitutto una città di grandi dimensioni. Nel 1815 Londra contava già 1 250 000 abitanti. Le ferrovie, prima, e le navi a vapore, poi, contribuirono a far espandere le città industriali.

A mano a mano che la città industriale si espandeva, per l’apertura di nuove fabbriche e mercati e per l’arrivo di sempre nuove forze di lavoro, cresceva il valore del suolo cittadino e aumentava la rendita che esso fruttava. Per questo le attività produttive furono ristrette in spazi sempre più ridotti, le abitazioni sempre più addossate le une alle altre, eliminando piazze e spazi verdi.

Le città contemporanee

Negli anni Sessanta del XX secolo il ritmo accelerato dello sviluppo urbano indusse gli esperti a formulare profezie apocalittiche sul futuro delle città contemporanee, destinate a “esplodere” in enormi e ingovernabili agglomerati urbani, ricettacoli di inquinamento, povertà, emarginazione e violenza.

Tuttavia, negli anni successivi le città del Nordamerica, ma anche quelle del Giappone e dell’Europa occidentale, cessarono di espandersi, mentre iniziarono a crescere in modo più marcato i centri piccoli e medi dell’hinterland.

La constatazione di questa nuova tendenza suggerì allora a molti studiosi inquietanti scenari sulla futura scomparsa della città, abbandonate dagli abitanti che preferirebbero ritornare in massa a vivere in campagna.

Queste ipotesi si sono però scontrate con l’evidenza dei fatti. Le metropoli dei Paesi avanzati sono bel lontane dal morire o anche solo dal ridurre la loro importanza. Lo dimostrano la continua espansione dei suoli urbanizzaati e il crescente affollamento di persone, mezzi di trasporto e attività nelle aree urbane.

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