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Natura morta in arte: cosa significa?

La natura morta in arte è quell’opera che raffigura oggetti inanimati: fiori recisi, frutta, verdura, selvaggina, oppure vasi, libri, oggetti di cucina, strumenti musicali ecc.

La natura morta come genere autonomo si andò a definire tra la fine del Cinquecento e gli inizi del Seicento a seguito della riscoperta della natura e della nuova esigenza di esaltare i valori dell’imitazione della realtà naturale.

Questo genere pittorico era indicato in origine con il termine inglese “Still-life“, che significa “vita immobile, silenziosa”.

Inizialmente i soggetti delle nature morte erano principalmente due: i fiori recisi, per ricordare che la bellezza passa; le tavole imbandite, dove l’abbondanza del cibo era un augurio di benessere, ma anche un invito al risparmio.

Natura morta Caravaggio

In Italia, la prima vera natura morta fu realizzata da Michelangelo Merisi detto il Caravaggio alla fine del 1500: la celeberrima Canestra di frutta, conservata nella Pinacoteca Ambrosiana di Milano. Da quel momento divenne un genere pittorico molto diffuso in Italia, Spagna e Paesi Bassi.

Le opere avevano un formato medio o piccolo e di costo non elevato. Le opere erano destinate a un pubblico privato o collezionisti.

Il genere era ritenuto di livello inferiore nella gerarchia perché “il pittore che rappresenta cose morte e senza movimento” (André Félibien, critico d’arte, 1619-1695) era giudicato meno abile di chi dipingeva la figura umana in movimento.

Tuttavia la natura morta ebbe da subito un grande mercato e ad essa si dedicarono i maggiori artisti del Seicento da Caravaggio a Velázquez.

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